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Trasferimento di quote e aziende con criteri di esenzione più chiari

Il decreto delegato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri espliciterà meglio la norma superando le letture più restrittive

La bozza di decreto legislativo di riforma dell’imposta sulle successioni e donazioni – esaminata in via preliminare martedì scorso dal Governo – interviene a modificare il comma 4-ter dell’articolo 3 del Dlgs 346/1990, che disciplina le condizioni soddisfatte le quali il trasferimento (successorio o donativo) di aziende o partecipazioni è esente da tale imposta. Si trattava di una norma in verità molto chiara, ma che negli anni è stata oggetto di interpretazioni restrittive sia di prassi sia giurisprudenziali che sono andate distaccandosi dal suo dettato letterale e che hanno portato il legislatore delegato a intervenire par fare chiarezza.

Analizzando la nuova norma, come prevista nella bozza di decreto, ci si rende conto di come essa sia in verità identica nella sostanza alla precedente, eccezion fatta per l’ultimo periodo che recepisce, con riferimento alle partecipazioni in società non residenti, le indicazioni in merito formulate dalla Cassazione. La tecnica redazionale del nuovo articolo 3, comma 4-ter, del Tus, diventa tuttavia didascalica, proprio al fine di chiarire in maniera inequivoca il significato di una norma precedentemente redatta con la necessaria sinteticità espressiva (principio dell’economia) che deve caratterizzare la redazione di testi normativi.

La prima distorsione interpretativa che il legislatore interviene a correggere è quella rappresentata dal concetto di “integrazione del controllo”, che secondo le Entrate (da ultimo risposta a interpello 72/2024) nel testo vigente «è acquisito o integrato il controllo» starebbe a indicare la situazione nella quale un soggetto, socio di minoranza di una società, ne acquisisce il controllo per effetto del trasferimento di una ulteriore partecipazione. In verità la situazione sopra descritta rientra nel concetto di acquisizione del controllo, che può avvenire sia da parte di un soggetto che non era socio sia da parte di chi era già socio di minoranza. Integrazione del controllo indicava quindi necessariamente la situazione in cui un socio, già di controllo, incrementava per effetto del trasferimento la sua posizione di controllo. Per superare questa interpretazione restrittiva il legislatore delegato chiarisce ora che, nel caso di partecipazioni in soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a) del Tuir, l’esenzione spetta se per effetto del trasferimento il beneficiario acquisisce il controllo o integra «un controllo già esistente».

La seconda distorsione interpretativa che viene corretta è quella che ha collegato la disposizione agevolativa in esame (introdotta nel 2007) con indicazioni di molto risalenti date (nel 1994 e nel 1998) dalla Commissione Ue e ha quindi ritenuto che tale norma contenesse una implicita condizione aggiuntiva da soddisfare per fruire dell’esenzione: che per effetto della successione o donazione si realizzasse il trasferimento, diretto o indiretto, di una impresa. Il legislatore delegato mostra di voler superare tale errore interpretativo e, solo riformulando in maniera più estesa il dettato normativo, chiarisce quali sono (in verità già ora) le sole condizioni che devono essere rispettate per poter fruire dell’esenzione:

1) proseguimento dell’attività di impresa per almeno 5 anni nel caso di trasferimento di aziende o rami di esse;

2) acquisizione o integrazione del controllo e mantenimento dello stesso per almeno 5 anni nel caso di trasferimento di partecipazioni in società di capitali;

3) mantenimento della titolarità della partecipazione per almeno 5 anni nel caso di trasferimento di altre quote sociali, che possono rappresentare una qualunque percentuale del capitale sociale.

Anche con riferimento al concetto di controllo il legislatore delegato, che se avesse ritenuto necessario meglio specificare tale concetto lo avrebbe fatto, ha nuovamente richiamato la previsione di cui all’articolo 2359, comma 1, n. 1, del Codice civile.

Il nuovo dettato normativo, chiarissimo, e la volontà del legislatore delegato, che si manifesta anche con il fatto che non sono state recepite suggestioni interpretative proposte dalla prassi e dalla giurisprudenza, dovrebbero in futuro impedire interpretazioni “integrative”. Ad esempio logiche del tipo look through, che se il legislatore avesse considerato rilevanti avrebbe disciplinato normativamente e che, invece, devono eventualmente essere fatte valere nell’ambito dell’abuso del diritto.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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