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Bonus ricerca omesso nel quadro RU: controlli senza il termine di 8 anni

La Cgt Brescia ribadisce quanto affermato dalle Sezioni Unite: l’omessa indicazione del credito in dichiarazione non fa decadere il credito, che risulta quindi non spettante con termini ordinari per l’accertamento

La qualificazione di inesistenza del credito compensato non può mai derivare dalla decadenza per omessa esposizione in dichiarazione del credito, ma solo da condotte fraudolente e non verificabili in sede di controllo formale. Sono questi i principi riaffermati dalla Cgt di Brescia con la sentenza n. 125/1/2024 depositata il 18 marzo scorso (presidente Marchetti e relatore Bonamartini).

La controversia

Con atto di recupero notificato nel 2021, l’agenzia delle Entrate recuperava il credito d’imposta per ricerca e sviluppo relativo agli anni dal 2008 al 2011. Tale credito secondo l’ufficio era inesistente, non essendo stato esposto nel quadro RU della dichiarazione.

La società impugnava l’atto affermando che i crediti erano non spettanti, poiché aveva titolo per godere dell’agevolazione. Eccepiva, inoltre, l’illegittimità dell’atto essendo stato emesso oltre il termine ordinario di accertamento, spirato il 31 dicembre 2017.

L’Agenzia resisteva, affermando l’inesistenza del credito e, quindi, il termine ottennale di accertamento, poiché esso doveva essere indicato a pena di decadenza nella dichiarazione, ex articolo 1, comma 282, della legge 296/2006 e articolo 5 del Dm 76/2008.

Il giudizio

La Cgt di Brescia osserva che le Sezioni Unite (n. 34419/2023) hanno definitivamente chiarito che il credito è inesistente quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti:

  • il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione o è carente dei presupposti costitutivi oppure, seppur sorto, è estinto al momento del suo utilizzo;
  • l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/73 e all’articolo 54-bis del Dpr 633/72.

 

I giudici di legittimità hanno altresì aggiunto che, quando l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari di accertamento.

Ciò premesso continua la Cgt, è pacifico che l’atto di recupero è stato notificato il 15 settembre 2021 e che la compensazione del credito è avvenuta nel 2012. Risulta, inoltre, che l’atto impugnato fa discendere la qualificazione di inesistenza del credito dall’omessa indicazione nel quadro RU della dichiarazione relativa al 2012. Pertanto, chiarisce il giudice, è escluso che si versi in ipotesi di credito inesistente, poiché l’agenzia delle Entrate fa derivare l’inesistenza dalla “decadenza” che è incompatibile con la “non veridicità” del credito. Ne consegue che il credito deve qualificarsi non spettante e non già inesistente.

Pertanto, conclude la Cgt, l’atto va annullato, essendo fondata l’eccezione di decadenza, non essendo applicabile il termine di otto anni.

La sentenza, muovendo dai principi statuiti dalle Sezioni Unite, correttamente considera che il termine ottennale per gli accertamenti e la più grave sanzione tributaria, possano trovare fondamento solo in presenza di una condotta fraudolenta, insidiosa e riscontrabile solo in sede di verifica e non con riscontri formali. In qualsiasi altra ipotesi il credito è non spettante e deve essere recuperato entro il termine ordinario di accertamento.

Peraltro, la classificazione dei crediti come inesistenti o non spettanti sarà rivista dal decreto delegato sulle sanzioni (atto del Governo 144), attualmente in attesa del parere delle commissioni Finanze e Giustizia del Senato.

Fonte: Il Sole 24ORE

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