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Partite Iva, ok finale al concordato: un patto blinda tasse a 4,5 milioni di italiani

Decretato l'accertamento: aperture a meno affidabili (voto Isa <8), spinta a dichiarazioni reali dove mancano controlli successivi.

Redditi imponibili, e quindi tasse da versare, blindati per due anni, in base a un accordo preventivo con il Fisco che si apre a tutte le partite Iva, quelle con voti alti ma anche quelle con indicatori zoppicanti nelle pagelle Isa; oltre che ai forfettari, che oggi versano la Flat Tax e che potranno aderire a una forma sperimentale di concordato annuale, con la prospettiva di passare presto al ritmo ordinario biennale grazie al consolidamento delle banche dati della fatturazione elettronica obbligatoria anche per loro dallo scorso 1° gennaio.

Con il via libera definitivo ottenuto ieri in consiglio dei ministri, diventa legge dello Stato il concordato preventivo, snodo fondamentale nell’attuazione della delega sulla riforma fiscale per il capitolo dedicato ad autonomi e professionisti. Per il Governo il nuovo strumento offrirà una leva potente per aumentare l’adesione spontanea (compliance) agli obblighi tributari, per le opposizioni maschererà una sorta di condono preventivo. Ma per il momento la battaglia è teorica. Tutto dipenderà da come saranno costruite le proposte di reddito che il Fisco presenterà dopo il 15 giugno, quando l’agenzia delle Entrate renderà disponibile il software, ai circa 4,5 di contribuenti potenzialmente interessati. A quel punto, le date chiave per misurare i primi risultati del nuovo concordato preventivo saranno due: il 15 ottobre, quando si capirà quanti contribuenti aderiranno alla proposta del Fisco, e il 30 novembre, quando i contribuenti “concordatari” pagheranno il saldo delle imposte 2024 sulla base dei livelli di reddito indicati dall’amministrazione finanziaria. Lì comincerà a emergere il dato decisivo, cioè l’aumento di gettito prodotto dalle intese con il Fisco.

Dopo qualche incertezza iniziale, nelle previsioni il Governo ha deciso di non stimare effetti a preventivo. Come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, la relazione tecnica che accompagna il provvedimento spiega che «alla disposizione potrebbero essere ascritti effetti positivi di gettito che,tuttavia, prudenzialmente non vengono quantificati». Nella prima versione del provvedimento era stato ipotizzato un extragettito da 1,6 miliardi in due anni, ma l’impianto finale del concordato è drasticamente cambiato quindi quel riferimento non è più valido. E non è un mistero che il Governo punta a trovare anche da qui una parte delle risorse indispensabili a far proseguire il cammino della riforma fiscale. Resta invece cifrato l’altro corno del provvedimento, quello che punta a combattere l’evasione Iva nell’e-commerce e dovrebbe portare nelle casse dello Stato con le nuove regole 143 milioni all’anno da circa 7.300 soggetti (un terzo dei o circa 22 mila operatori non residenti,con rappresentante fiscale in Italia).

Nell’impianto finale, la novità più importante del concordato è rappresentata appunto dalla sua platea, aperta anche agli 1,34 milioni di contribuenti Isa che hanno un voto sotto l’«8» e dichiarano mediamente un reddito inferiore del 68,5% rispetto ai loro colleghi considerati «affidabili» dal Fisco. Qui si gioca la partita vera del concordato, chiamato nelle intenzioni del Governo a stringere la forbice fra i due insiemi di contribuenti senza però “spaventarli” con proposte di reddito troppo ambiziose che richiederebbero di produrre una fuga dallo strumento. L’idea è quindi quella di usare il concordato per un’emersione progressiva che accompagni i contribuenti verso dichiarazioni fiscali più fondate.

Sul piatto del calcolo costi/benefici finisce del resto prima di tutto la possibilità di evitare con l’adesione il rischio di essere sottoposti a controlli, rischio che però riguarda ogni anno il 5% dei soggetti Isa (Sole 24 Ore di ieri). Con percentuali di questo tipo, i controlli ex post rischiano di lasciare al sicuro i contribuenti più infedeli, che quindi il Governo punta a coinvolgere ora negli accordi preventivi.

Molto dipende poi dalla congiuntura economica, che al momento non sembra troppo favorevole al concordato. L’intesa infatti, cristallizzando il reddito, rende di fatto esentasse la quota di guadagni che dovesse superare la soglia individuata dal Fisco, ma questi incrementi sarebbero ovviamente più frequenti in fasi di crescita più vivaci di quella stimata per quest’anno e per il prossimo.

Non è stata invece accolta l’altra richiesta parlamentare, che proponeva di limitare al 10% l’aumento di reddito proposto dal Fisco rispetto all’ultima dichiarazione. E la relazione illustrativa del testo finale spiega il perché. «La previsione di una soglia generale e indifferenziata, svincolata da parametri dimensionali e dalle specificità dei diversi settori economici – si legge – potrebbe determinare un’applicazione dello strumento penalizzante per i contribuenti con redditività più rilevanti favorendo, potenzialmente, comportamenti illegittimi di sottodichiarazione degli imponibili»: un “condono mascherato” che come tutti i condoni penalizzerebbe i più onesti.

Fonte: Il Sole 24ORE

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