Il maggior reddito, derivante da un accertamento a una Srl di utili a ristretta base, attribuito al socio poi deceduto non può essere ex se attribuito in capo alle figlie minorenni del defunto. Inoltre, è l’amministrazione finanziaria che deve fornire, in maniera circostanziata e puntuale, la prova della distribuzione di tali utili in nero in favore dei soci. Così la Cgt Reggio Emilia, con la sentenza 50/1/2024 (presidente e relatore Montanari).
La vicenda
Marito e moglie partecipano a una Srl con quote rispettivamente del 95% e del 5 per cento. L’uomo muore nei primi giorni del gennaio 2014. In seguito, con riferimento ai periodi d’imposta dal 2014 al 2017, l’agenzia delle Entrate accerta maggiori utili occulti in capo alla società, e sulla scorta della ristretta base accerta maggiori redditi in capo alla moglie ed alle figlie del socio deceduto: precisamente l’ufficio accerta maggiori imposte per oltre 295mila euro alla moglie, nonché accerta imposte e sanzioni in capo alle figlie (all’epoca minorenni) per oltre 65mila euro.
Il contenzioso
Le contribuenti si oppongono con ricorsi separati, poi riuniti dal giudice tributario. Contestano il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’Agenzia. L’ufficio non avrebbe dato prova del trasferimento di ingenti somme dal defunto, tra l’altro deceduto quattro giorni dopo l’inizio del primo periodo d’imposta accertato, ossia il 2014, in favore delle eredi. L’ amministrazione finanziaria resiste in giudizio.
La decisione
Il collegio condivide la tesi delle ricorrenti e accoglie i ricorsi riuniti sulla scorta della seguente argomentazione.
Con riferimento al contezioso delle figlie:
- da un lato, è inverosimile che il defunto, socio della Srl accertata, abbia percepito utili in nero nei primi quattro giorni del primo periodo d’imposta accertato;
- dall’altro lato, anche se il defunto avesse percepito utili in nero, le relative somme non potevano essere effettivamente percepite dalle figlie, all’epoca minorenni. Questo perché i minori chiamati all’eredità sono tutelati da una serie di cautele, che rende del tutto infondata la tesi erariale.
Con riferimento al contezioso della moglie, invece, l’Agenzia non prova, in alcun modo, anche in via presuntiva (ad esempio con movimentazioni bancarie, incrementi patrimoniali, eccetera) l’effettiva percezione di utili in nero: l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa tributaria è in capo all’amministrazione finanziaria, e tale onere è reso ancor più gravoso dal modificato comma 5-bis dell’articolo 7 del Dlgs 546/92.
Per tali ragioni la pretesa è da dichiararsi non fondata.