Gli articoli in questa pagina
sono tratti dalle due sessioni
di Master Telefisco del 30 ottobre
e 6 novembre.
Tra gli interventi più innovativi previsti dalla riforma fiscale spicca l’adeguamento delle norme tributarie sulla scissione all’ipotesi della scissione mediante scorporo (nuova previsione del Codice civile, articolo 2506.1). Si tratta della scissione parziale con cui si determina l’assegnazione di una parte del patrimonio della scissa a una o più società di nuova costituzione, e l’assegnazione delle partecipazioni al capitale di queste ultime alla stessa società scissa (e non ai suoi soci).
L’operazione presenta sul piano fiscale aspetti peculiari rispetto alla scissione tradizionale.
Il regime dei patrimoni
Una delle novità previste dallo schema di decreto Irpef-Ires (atto A.G. 218 ora all’esame delle commissioni parlamentari) riguarda il regime del patrimonio della scissa e della beneficiaria. Su questo aspetto, verrà introdotto il comma 15-ter, lettera f), all’articolo 173 del Tuir, in base al quale:
le riserve iscritte nel bilancio dell’ultimo esercizio della società scissa, chiuso prima della data di efficacia della scissione ex articolo 2506-quater del Codice civile, mantengono il loro regime fiscale;
al patrimonio netto delle società beneficiarie, rilevato al momento della loro costituzione, si applica il regime fiscale del capitale e delle riserve di cui all’articolo 47, comma 5.
In pratica, come bene evidenzia la relazione illustrativa allo schema di provvedimento:
1 la scissa conserva immutata la composizione fiscale del proprio patrimonio netto quale risultante dal bilancio relativo all’ultimo esercizio chiuso prima della data di efficacia giuridica della scissione (e ciò dovrebbe valere anche per le riserve in sospensione d’imposta, ivi incluse quelle con vincoli di destinazione specifica, con riferimento alle quali non sussiste obbligo di ricostituzione in capo alla beneficiaria, rimanendo esse in capo alla scissa);
2 in capo alla beneficiaria, l’incremento del patrimonio netto contabile derivante dalla scissione si qualificherà – ai fini fiscali – quale riserva di capitale, come se l’assegnazione patrimoniale che costituisce effetto della scissione fosse assimilabile a un apporto patrimoniale.
In sostanza, sul piano sistematico, si è privilegiata l’idea di assimilare, per quanto riguarda la stratificazione fiscale del patrimonio netto, gli effetti della scissione mediante scorporo a quelli del conferimento. In questo senso la società scissa che mantiene immutata la consistenza del proprio patrimonio netto contabile non ha cambiamenti nella relativa composizione fiscale originaria dello stesso.
Quindi l’incremento del patrimonio netto contabile che si determina in capo alla società beneficiaria deve qualificarsi ai fini fiscali come una riserva di capitale, esattamente come accade nel caso di una quota di patrimonio netto che si è formato a seguito di un conferimento.
Come il conferimento
È facile osservare a questo proposito che gli effetti fiscali che si determinano in capo alle società partecipanti all’operazione sono del tutto identici al caso del conferimento.
L’effetto è interessante e ragionevole a livello sistematico, dato che la scissione con scorporo rappresenta di fatto un’alternativa all’operazione di conferimento.
La scelta del legislatore, peraltro, è in linea con la posizione di Assonime che, nella circolare 14 del 2023, riteneva questa soluzione la migliore in quanto: «questa ricostruzione da un lato consentirebbe di evitare che la stessa società scissa, a fronte delle partecipazioni ricevute nella beneficiaria, ai fini fiscali, possa in futuro vedersi distribuiti utili che essa stessa ha in precedenza prodotto. Dall’altro lato consente di continuare a concepire la scissione mediante scorporo come un’operazione esattamente inversa rispetto ad una fusione per incorporazione (senza differenze da annullamento) che idealmente abbia in precedenza comportato una confluenza dei beni di primo grado presso la società scissa (l’ideale incorporante)».