Cerca
Close this search box.

Debiti fiscali e contributivi con trattamenti differenziati

Per i tributi scatta lo stop a 5mila euro. Sul fronte previdenziale nessuna soglia

Tra le condizioni di ammissione al concordato, poi ripresa come causa di decadenza dallo stesso, vi è l’assenza di debiti tributari almeno pari a 5mila euro o di debiti per contributi previdenziali (articolo 10, Dlgs 13/2024).

Nonostante l’estrema rilevanza della clausola, la scrittura legislativa meriterebbe una revisione. I problemi iniziano già con l’individuazione dei periodi di riferimento della debitoria. Testualmente, la norma richiama «il periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta». Ma è del tutto evidente che, alla data di accesso al concordato, ad esempio, nel 2024, il debito per imposte 2023 non si è ancora formalizzato in atti delle Entrate. La discrasia è ancor più netta per i contributi previdenziali, in relazione ai quali si menzionano le sentenze irrevocabili che certamente non possono formarsi in un arco temporale così ristretto. Ne deriva che forse il riferimento corretto è ai debiti che nel corso del periodo d’imposta precedente erano già formalizzati, a prescindere dall’epoca di maturazione degli stessi.

La disposizione interessata inoltre menziona, come debiti tributari rilevanti, «quelli che tra essi sono d’importo complessivamente pari a superiori a 5.000 euro». Sembra che si debba guardare non al totale della morosità del contribuente ma, probabilmente, a quella riferita a ciascun tributo gestito dalle Entrate. Così, per fare un esempio, chi ha accumulato debiti per 4mila euro di Iva, 4.500 di Ires e 2.500 di Irap è ammesso al concordato, contrariamente a chi abbia un solo debito di Iva per 6mila euro. Se così fosse, la disposizione sembrerebbe illogica. Al contrario, per i debiti contributivi non esiste una soglia minima di importo.

Non è neppure chiaro cosa accade in caso di contenzioso in corso. Fermo restando che certo non sono ostativi i debiti tributari dilazionati o oggetto di sospensione, la norma parrebbe limitare ai soli debiti contributivi la condizione che gli stessi risultino da sentenza definitiva o da “atti impositivi” non più impugnabili.

Si viene così a creare una sorta di doppio binario di difficile comprensione:

a) per i debiti contributivi, non si guarda all’importo, anche se di poche centinaia di euro, ma unicamente al fatto che il debito sia incontestato;

b) per i debiti tributari, invece, deve essere rispettata la soglia minima, con i dubbi sopra riportati, ma una volta che questa è superata, l’accesso al concordato è precluso anche in presenza di contenzioso e anche se, per ipotesi, l’ultima sentenza depositata fosse favorevole al contribuente.

I problemi sono amplificati dal fatto che le condizioni in esame possono diventare anche cause di decadenza dal concordato, laddove vengano meno i requisiti di legge. Qui forse il riferimento potrebbe essere a dilazioni o sospensioni vigenti al momento dell’ingresso nel regime, successivamente decaduti.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

Condividi questo articolo

Notizie correlate

Desideri maggiori informazioni su bandi, finanziamenti e incentivi per la tua attività?

Parla con un esperto LHEVO

business accelerator