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Alert del Fisco: come sfruttare il concordato preventivo ed evitare sanzioni

Lettere di compliance in presenza di anomalie sugli anni passati. Leo a Radio 24: sprint prima della pausa di agosto per approvare i decreti

Il Fisco studia la leva della compliance per spingere le adesioni al concordato preventivo. La strada degli alert che emergono dal riscontro tra anomalie dichiarative emerse negli anni precedenti diventa uno dei percorsi per rendere più appetibile il concordato, oltre a quelli indicati con le condizioni poste dalle commissioni Finanze della Camera e del Senato e su cui il Governo ora è pronto a riflettere in vista dell’approvazione definitiva del decreto correttivo. In primo luogo l’applicazione di una flat tax sulla differenza tra il maggior reddito oggetto di accordo con il Fisco e quello dichiarato per l’anno d’imposta 2023. Una soluzione su cui il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, intervistato da Simone Spetia a 24 Mattino su Radio 24 ha voluto sgombrare il campo dopo le polemiche arrivate dalle opposizioni: «Questo meccanismo tutto è meno che un condono. Stiamo parlando di una flat tax su ciò che è un incremento rispetto alle posizioni 2023».

Le ipotesi di modifica normativa sono destinate a prendere forma rapidamente, considerando che l’obiettivo è quello di portare il decreto correttivo sul concordato e almeno quelli sulle imposte indirette diverse dall’Iva (registro, imposte di donazione e successione e tributi minori) e sulle modifiche alle procedure e alle sanzioni doganali all’approvazione «prima della pausa dei lavori parlamentari» nel mese di agosto. Ma accanto a questi interventi legislativi in cantiere, c’è l’intenzione di sfruttare il potenziale delle banche dati già a disposizione dell’amministrazione finanziaria (tra tutte quelle gestite da Sogei si arriva quasi a 200) e la tecnologia anche nell’ottica di sollecitare chi finora è stato al confine o al di sotto delle soglie di affidabilità fiscale a sfruttare la chance del concordato per mettersi in regola per il futuro. Come ha spiegato anche Leo, si tratta di segnalazioni ai contribuenti per segnalare che sono state riscontrate anomalie e che possono funzionare come monito a valutare attentamente sia a sanare eventuali omissioni o errori sul passato attraverso il ravvedimento operoso e, guardando in prospettiva futura, a stabilire un rapporto virtuoso per il futuro: «Diamo degli alert in modo che i contribuenti sappiano che il Fisco non è più quello di una volta – ha sottolineato il viceministro – ma usando la tecnologia è in grado di contrastare l’evasione». Del resto, dalla platea delle partite Iva soggette alle pagelle fiscali lasciano emergere ampi margini di miglioramento dei tassi di compliance: come ha rilevato «Il Sole 24 Ore» del 6 giugno scorso nell’84% delle categorie monitorate dalle pagelle fiscali più di metà dei contribuenti ha presentato dichiarazioni «inaffidabili». A questo si aggiunge poi la concreta difficoltà di tenere sotto osservazione una platea così vasta (anche in relazione alle forze in campo delle donne e degli uomini dell’amministrazione finanziaria), tanto che i dati diffusi dalla Corte dei conti nell’ultima relazione sul rendiconto generale dello Stato sottolineano come i controlli abbiano riguardato appena il 4,2% dei soggetti interessati. E la mossa a cui punta il Fisco di un utilizzo preventivo dei dati sembra andare proprio nella direzione suggerita dai giudici contabili: « una maggiore frequenza dei controlli fiscali, soprattutto per le tipologie di attività a maggior rischio di evasione, potrebbe integrare l’utilizzazione in chiave (prima di tutto) preventiva della ingente mole di dati a disposizione del sistema informativo (tra i quali, come già segnalato, i dati descrittivi delle fatture elettroniche emesse e ricevute, i corrispettivi comunicati telematicamente e i movimenti risultanti dall’Anagrafe dei rapporti finanziari e dai pagamenti elettronici), già normativamente in buona parte previsto, ma ancora non compiutamente realizzato».

La chiave preventiva, quindi, per preparare la strada all’accordo con il concordato. Allo stesso tempo, però, non si può parlare di grande fratello fiscale: «Non vogliamo subito partire, come si faceva in passato, con accertamenti e sanzioni, ma lavoriamo ex ante – ha precisato Leo a Radio 24 – per creare un clima più sereno con il contribuente ma senza abbassare la guardia nella lotta all’evasione fiscale. Non è un grande fratello perché tutto è stato concordato con il Garante della privacy che ha detto che queste banche-dati, sono banche-dati pubbliche e che tra loro interconnesse, possono dare dei risultati molto significativi per contrastare l’evasione fiscale».

Intanto nella Gazzetta Ufficiale di giovedì 18 luglio è stato pubblicato il decreto ministeriale, già diffuso dal Mef nei giorni scorsi, che disciplina la metodologia di calcolo del concordato preventivo per i forfettari ( Dm 15 luglio 2024).

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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