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È reato di omessa dichiarazione, anche se la norma fiscale è mutata

La disposizione agevolativa, arrivata dopo la commissione dell’illecito, non è penale e nemmeno ha la funzione di integrare il precetto penale, pertanto, non si può applicare il principio del favor rei

Legittima la condanna, per il reato di omessa dichiarazione Iva e Ires, del legale rappresentante dell’associazione dilettantistica, anche se, rispetto a quando risulta commesso il reato, è stata innalzata la soglia di reddito imponibile per ottenere il regime di favore previsto dalla legge n. 398/1991 e, dunque, il sodalizio vi rientrerebbe ottenendo le aliquote agevolate. La norma in questione, tuttavia, non ha natura penale né ha la funzione di integrare il precetto penale e, quindi, risulta esclusa l’applicazione del principio secondo cui valgono le disposizioni più favorevoli al reo, mentre vale la normativa vigente al momento del fatto. 
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 8644 del 28 febbraio 2024, con cui ha rigettato il ricorso di un imputato. 

La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione 
Con una sentenza del 2022, la Corte d’appello di Lecce confermava la condanna nei confronti del legale rappresentante di un’Asd, per il reato di cui all’articolo 5 del Dlgs n. 74/2000, per avere omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, pur essendovi obbligato in quanto titolare di un reddito pari a 264mila euro, in tal modo evadendo Ires e Iva. 
Con il successivo ricorso in Cassazione, l’imputato denuncia violazione degli articoli 1 della legge n. 398/1991 e 5 del Dlgs n. 74/2000. In particolare, lamenta l’errata applicazione delle aliquote d’imposta, in quanto l’Asd godeva di aliquote agevolate, per effetto delle quali la somma evasa sarebbe stata inferiore alla soglia di punibilità. 

La Cassazione ha rigettato il ricorso. 
L’associazione non risulta in possesso dei requisiti previsti per ottenere il regime di favore. Anzitutto il limite di reddito, laddove si considera il periodo d’imposta anteriore a quello all’attenzione del giudice: la soglia oggi ammonta a 400mila euro, mentre era di 250mila al momento in cui risulta compiuto il reato. Va applicata la seconda, perché la modificazione migliorativa della norma extrapenale esclude la punibilità del fatto commesso in precedenza solo se integra il precetto penale. E non è questo il caso: la disposizione delimita solo il campo di operatività del beneficio tributario, mentre la ricaduta in ambito penale risulta solo occasionale (cfr Cassazione pronuncia n. 11520/2019). 

L’altro presupposto è l’affiliazione a una federazione sportiva, che non risulta provato in modo tempestivo. Vale anche per gli aspetti penalistici del diritto tributario il principio per cui chi chiede l’agevolazione, quando c’è contestazione sul punto, deve dimostrare l’esistenza dei presupposti. Illegittima anche l’integrazione probatoria in sede di legittimità, trattandosi di “prova nuova”, in quanto diretta a dimostrare un fatto in precedenza non oggetto di attività istruttoria. 
Sul punto si ricorda, in senso conforme, la richiamata pronuncia n. 11520/2019, secondo cui non può essere assolto l’imprenditore che si appella alla norma più favorevole per il calcolo dell’imposta evasa se la modifica introdotta non è norma integratrice del reato di dichiarazione infedele. A nulla vale quindi invocare l’applicazione retroattiva della norma extrapenale, che ha comportato la diminuzione dell’aliquota Ires dal 27,5 al 24 per cento: infatti cambia il parametro di calcolo, ma la fattispecie astratta resta immutata nell’elemento oggettivo e soggettivo, come la soglia di punibilità. 

Osservazioni 
Sulla questione si ricordano alcuni precedenti delle sezioni unite in merito alla successione di norme extrapenali. Ad esempio, nel caso affrontato nell’arresto n. 2451/2007, si trattava di stabilire se sono punibili i cittadini rumeni espulsi, autori del reato di inosservanza dell’ordine di allontanamento dallo Stato impartito dal questore, se, in un momento successivo alla commissione del fatto, perdono lo status di extracomunitari per effetto dell’adesione della Romania all’Ue. La questione, rimessa alle sezioni unite, pur in assenza di un contrasto tra le sezioni semplici, si poneva in quanto, le disposizioni del Testo unico sull’immigrazione, ivi compresa l’anzidetta norma incriminatrice, si applicano “ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri”. Per effetto del Trattato di adesione della Romania all’Ue, i rumeni hanno cessato, a decorrere dal 1° gennaio 2007, di essere extracomunitari e, quindi, possibili autori del reato suddetto. 
Nel rispondere negativamente al quesito, i giudici hanno precisato che l’indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali va condotta facendo riferimento alla fattispecie astratta e non al fatto concreto: non basta riconoscere che oggi il fatto commesso dall’imputato non costituirebbe più reato, ma occorre prendere in esame la fattispecie e stabilire se la norma extrapenale modificata svolga, in collegamento con la disposizione incriminatrice, un ruolo tale da far ritenere che, pur essendo questa rimasta immutata, la fattispecie risultante dal collegamento tra la norma penale e quella extrapenale sia cambiata e in parte non sia più prevista come reato […]. La successione avvenuta tra norme extrapenali non incide invece sulla fattispecie astratta, ma comporta più semplicemente un caso in cui in concreto il reato non è più configurabile, quando rispetto alla norma incriminatrice la modificazione della norma extrapenale comporta solo una nuova e diversa situazione di fatto”. Sono principi che vengono, d’altra parte, ribaditi anche in altre sentenze, dove si afferma testualmente che per accertare l’abolitio criminis “occorre verificare se la norma extrapenale incida su un elemento della fattispecie astratta, non essendo di per sé rilevante una mutata situazione di fatto che da quella norma derivi”. 

Nel caso di cui alla pronuncia n. 11520/2019 la modifica introdotta sul parametro di calcolo dell’imposta evasa non è norma integratrice della fattispecie penale, dovendo essere considerata quale fatto in sé che lascia del tutto immutata la fattispecie di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 74/2000, che punisce (e continua a punire) la dichiarazione infedele, qualora ricorrano i doppi presupposti della somma evasa superiore a una soglia; né è preordinata a chiarire il significato di termini usati in una disposizione incriminatrice, che, sostituendo la parte della previsione sanzionatoria che la richiama, contribuisce a tracciare il perimetro di rilevanza penale dell’illecito. La fattispecie astratta è rimasta immutata nell’elemento oggettivo e soggettivo del reato, anche la soglia di punibilità è rimasta tale, essendo solo mutato il parametro di calcolo per effetto di una norma extrapenale.

Fonte: Agenzia delle Entrate

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