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Terzo settore, i finanziamenti dell’ente pubblico non costituiscono attività commerciale

La novità arriva da una recente sentenza di merito che interviene sul tema legato alla perdita della qualifica di ente non commerciale

Formazione extrascolastica, esclusa la commercialità per i finanziamenti derivanti all’ente non profit da un rapporto concessorio con l’ente pubblico. È quanto emerge da una recente sentenza di merito che interviene sul tema legato alla perdita della qualifica di ente non commerciale e conseguente assoggettamento a tassazione ordinaria dell’attività svolta nei confronti di un ente pubblico (Cgt II Molise 23 ottobre 2023 n. 307/2/23).

In particolare, la contestazione verteva sulla corretta applicazione di due rilevanti disposizioni previste dal Tuir per gli enti associativi non profit:

– il regime di decommercializzazione Ires sui corrispettivi percepiti da specifiche tipologie di enti associativi non profit verso associati, soci o partecipanti e tesserati (articolo 148, comma 3 Tuir);

– la previsione ai sensi della quale, indipendente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale ove eserciti, prevalentemente, attività commerciale per un intero periodo d’imposta (articolo 149 Tuir).

Il caso

La questione esaminata dalla Corte di secondo grado riguarda un ente associativo nei confronti del quale veniva contestato lo svolgimento di attività commerciali ai fini del perseguimento delle proprie finalità di promozione sociale e culturale delle politiche del lavoro e processi formativi e coordinamento di enti di formazione. Ciò nel presupposto che i corsi di formazione svolti dall’associazione siano a titolo oneroso e in forma d’impresa, nei confronti di soggetti “terzi” non associati. Vale a dire nei confronti di allievi dei corsi che, a dire dell’Agenzia, non erano mai stati iscritti nel libro degli associati né avrebbero mai partecipato alla vita associativa.

Proprio sul punto intervengono i giudici di secondo grado. Quest’ultimi accolgono le istanze dell’Associazione appellante tenendo conto che l’attività formativa resa rientra in un servizio pubblico ed è svolta ai fini istituzionali e in misura maggioritaria nei confronti degli associati. In sostanza, la circostanza che tale attività di formazione extrascolastica sia svolta anche nei confronti di soggetti diversi dagli associati non pregiudica la qualifica di ente non commerciale o la fruizione delle agevolazioni fiscali previste ai fini delle imposte dirette e Iva.

Prova ne è sul punto l’articolo 148, comma 3 del Tuir in tema di decommercializzazione dei corrispettivi specifici che ricomprende nel regime agevolativo anche le attività rese dagli enti associativi senza fini di lucro che svolgono attività istituzionali nei confronti di soggetti non associati (es. partecipanti).

Anche con riguardo allo svolgimento dell’attività arrivano precisazioni. A dire della Corte, l’attività di formazione affidata da un ente pubblico a soggetto non profit costituisce servizio pubblico e dà vita non ad un appalto di servizi, bensì ad un rapporto di tipo concessorio indipendentemente dalla veste formale e dalla terminologia in concreto utilizzate (Consiglio di Stato n. 5086/2014Cass. SS.UU. n. 25118/2008).

Ciò nel presupposto che l’associazione lungi dallo svolgere un’attività d’impresa a vantaggio dell’amministrazione ha ricevuto fondi per rendere un servizio di interesse generale a vantaggio degli utenti, operando in via sussidiaria in luogo dell’Amministrazione. Ne consegue che i finanziamenti regionali ricevuti da un’associazione non profit per l’organizzazione e la gestione di corsi di formazione professionale su commissione dell’ente pubblico non costituiscono ricavi derivanti dall’esercizio di attività commerciali, bensì entrate istituzionali.

Fonte: Il Sole 24ORE

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