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L’impresa tagliata fuori dalla white list accede agli aiuti di Stato

Il diniego all’iscrizione dell’impresa alla white list non preclude l’accesso ai fondi per le aziende in crisi. La Cassazione accoglie il ricorso dell’amministratore di una Srl, contro il via libera al sequestro preventivo di una somma ricevuta come sostegno, in base a quanto previsto dal decreto Rilancio

Il diniego all’iscrizione dell’impresa alla white list non preclude l’accesso ai fondi per le aziende in crisi. La Corte di cassazione, con la sentenza 11740, accoglie il ricorso dell’amministratore di una Srl, contro il via libera al sequestro preventivo, di oltre 70mila euro, ricevuti come sostegno, in base a quanto previsto dal decreto Rilancio (Dl 34/2020).

Per i giudici, che contestavano il fumus del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato, il ricorrente aveva nascosto di non avere le carte in regola per usufruire degli aiuti stanziati dal Governo, visto che l’azienda era destinataria di un diniego di iscrizione nella cosiddetta white list. Gli elenchi istituiti presso ogni Prefettura con lo scopo di rendere più efficaci i controlli antimafia, rispetto alle attività imprenditoriali considerate maggiormente a rischio di infiltrazioni mafiose.

Ad avviso del Tribunale, le somme sottoposte al sequestro cautelare, dovevano essere considerate il profitto derivante dall’indebita percezione del denaro a fondo perduto concesso per fronteggiare la crisi economica durante la pandemia.

Per la Suprema corte però, il no all’iscrizione alla lista delle imprese in linea con gli standard di legalità, è un provvedimento amministrativo che ha natura cautelare e preventiva e non contiene un verdetto definitivo.

Il Tribunale, nel suo giudizio ha equiparato l’assenza dalla white list all’interdittiva antimafia, richiamando la sentenza 2166/22, che riguarda la diversa materia dei presupposti per sottoporre l’impresa al controllo giudiziario, come previsto dal Codice antimafia (articolo 34-bis del Dgls 159/2011).

L’assimilazione dei due provvedimenti amministrativi, che impediscono ai destinatari di essere ammessi al controllo giudiziario, non consente tuttavia – precisano i giudici di legittimità – di dilatare il presupposto costituito dal Codice antimafia che fissa le condizioni per accedere ai ristori del decreto Bilancio, senza considerare preclusivi per l’accesso ai fondi i due provvedimenti amministrativi. Tacere il semplice no del prefetto all’iscrizione lista “bianca”, non basta dunque per presupporre il fumus del reato contestato e non giustifica il sequestro preventivo delle somme ricevute, per l’emergenza Covid.

La Cassazione annulla senza rinvio il decreto emesso dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale e dispone la restituzione del denaro all’amministratore della società.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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