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Iva su beni di terzi, altro punto a favore del rimborso se l’acquisto è strumentale all’attività d’impresa

La Cgt Milano: la rimborsabilità Iva non dipenda dalla proprietà di un bene, ma esclusivamente dall’impiego diretto e strumentale dello stesso nell’ambito dell’attività di impresa esercitata

È legittimo il rimborso del credito Iva relativo ad investimenti in beni ammortizzabili, studi e ricerche, laddove tali investimenti presentino un nesso di strumentalità all’attività di impresa esercitata, a nulla rilevando la proprietà del bene cui tali investimenti si riferiscono. È questo l’assunto ribadito dalla Cgt di primo grado di Milano, nella sentenza 1865/12/2024 (relatore Vezio Vicuna).

La vicenda esaminata

La pronuncia trae origine da un diniego alla richiesta di un rimborso Iva da parte di una società operante nel settore energetico, relativo all’acquisto di beni e servizi necessari alla progettazione e realizzazione di un impianto fotovoltaico su terreni non di proprietà. In particolare, la richiesta di rimborso avveniva ai sensi dell’articolo 30, comma 3, lettera c), del Dpr 633/72, che prevede, ove ne ricorrano i presupposti, il rimborso dell’Iva versata per l’acquisto o l’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche.

Nello specifico, la richiesta di rimborso atteneva alla fase preliminare di studio e sviluppo del progetto, precedente alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico.

L’agenzia delle Entrate negava il rimborso in quanto il terreno su cui insiste(rà) l’impianto fotovoltaico non risulterebbe essere di proprietà della società ricorrente e, quindi, i beni acquistati non sarebbero «ammortizzabili». Pertanto, non risulterebbe verificato il presupposto oggettivo richiesto dalla norma in commento.

La decisione

Tale interpretazione, tuttavia, è stata censurata dai giudici, che enfatizzano come la rimborsabilità Iva non dipenda dalla proprietà di un bene, ma esclusivamente dall’impiego diretto e strumentale dello stesso nell’ambito dell’attività di impresa esercitata, condannando in aggiunta, questa volta, l’Amministrazione alle spese di giudizio.

Ad analoga conclusione era giunta anche la Cgt di primo grado di Cagliari, nella sentenza n. 302/3/2024 depositata lo scorso 3 aprile (si veda l’articolo «Rimborso Iva su beni di terzi, lo stop viola il principio di neutralità»).

Nella sentenza in commento, inoltre, i giudici richiamano la ratio dell’articolo 30, comma 3, lettera c), del Dpr 633/1972, che è quella di favorire gli investimenti, tanto in beni ammortizzabili quanto in studi e ricerche. Essa risponde, inoltre, all’inderogabile principio di neutralità dell’Iva, in quanto, consentendo al soggetto passivo di ottenere sollecitamente il rimborso dell’imposta che ha gravato su spese di rilevante entità, attenua l’impatto finanziario dell’imposta stessa sull’economia dell’impresa.

Ciò in linea con la costante giurisprudenza unionale, secondo la quale, il presupposto di fondo che regola i diritti alla detrazione e al rimborso Iva è identico, costituendo il rimborso uno strumento alternativo alla detrazione e, quindi, non autonomo nei suoi presupposti strutturali.

Questione aperta in sede di legittimità

La questione resta aperta in sede di legittimità, tant’è che l’ordinanza 14975/2023 della Corte di cassazione, ha rimesso gli atti processuali al primo presidente affinché valuti il rinvio della questione alle Sezioni Unite al fine di superare il doppio orientamento formatosi al suo interno nel tempo.

Fonte: Il Sole 24ORE

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