L’obiettivo centrale resta quello di una «riduzione generalizzata della pressione fiscale, che grava su famiglie e imprese», come rivendicato dalla premier Giorgia Meloni nell’occasione solenne costruita dal Governo per presentare insieme al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al suo vice Maurizio Leo i dieci decreti attuativi approvati fin qui, i nove testi unici messi in consultazione per riordinare la babele delle regole fiscali e le prossime tappe nell’attuazione della delega. Ma il primo punto dell’agenda fiscale di Palazzo Chigi deve fare i conti con un quadro di risorse che non consente promesse; e che nei fatti impone di spostare alle caselle finali del percorso i decreti sul taglio delle imposte dirette e indirette: le regole chiamate ad alleggerire l’Irpef, dopo il primo modulo introdotto in via temporanea con le tre aliquote in vigore solo per quest’anno, Ires e Iva arriveranno solo dopo l’estate, probabilmente insieme al nuovo tentativo di avviare la nuova imposta sul reddito degli imprenditori mai decollata negli anni passati quando si chiamava Iri.
La carenza di spazi in un bilancio pubblico che deve affrontare un periodo in cui «l’economia non va in modo eccezionale» anche se «va meglio di altri Paesi europei» come spiega Giorgetti, e che attende le ricadute pluriennali del Superbonus in termini di debito pubblico, influenza anche l’evento organizzato ieri dal Governo. Che deve puntare le proprie carte più sulla semplificazione e sulla prospettiva di un «nuovo rapporto Fisco-contribuente» che su altre quanto impossibili promesse di maxi tagli di tasse.
In sé la materia non è troppo attraente. «Non penso e non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima; sono bellissime le donazioni e non i prelievi imposti per legge», ha scandito la premier richiamando una polemica ormai storica con il centro-sinistra intorno alla definizione lanciata da Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell’Economia del Governo Prodi-bis. Ma sono quanto meno un “male doveroso”, perché servono a finanziare la spesa pubblica imponendo al governo «una grande responsabilità nel gestire quelle risorse che non possono essere usate in modo irresponsabile per garantirsi facile consenso immediato, e lasciare chi viene dopo a ripagare quella irresponsabilità». In quest’ottica prova a muoversi anche la riforma di riscossione e sanzioni, i capitoli più spinosi in campo fiscale: «Stiamo lavorando per allineare le penalità ai parametri europei perché quelle che avevano erano sproporzionate, illogiche e vessatorie», sottolinea la premier, ma «non abbiamo amici a cui fare favori, e non c’è spazio per chi vuole fare il furbo».
A complicare l’opera di chi tenta l’impresa di riformare il fisco, oltre ai conti avari c’è anche un’evoluzione dell’economia che corre a ritmi complicati da tenere per un impianto normativo complesso come quello tributario. Lo spiega in modo indiretto ma chiaro Giorgetti quando ironizza sul fatto che «in questa riforma non si tassa il sale, eppure per millenni la base imponibile principale delle economie globali è stata il sale».
Nel panorama di oggi il nuovo sale è rappresentato dai «dati che tutti noi offriamo generosamente e gratuitamente» a grandi imprese per i quali costituiscono un business multimiliardario. Ma «purtroppo temo seriamente che il tentativo di andare verso una tassazione equa a livello globale sulle multinazionali vada a naufragare nell’impossibilità di concludere i lavori», aggiunge il ministro dell’Economia, per cui non si vedono all’orizzonte le soluzioni sovranazionali che sarebbero indispensabili. «È questo è il traguardo ulteriore che affido a Maurizio», conclude Giorgetti rivolgendosi al suo vice che fin qui ha portato avanti in prima persona la corsa attuativa della delega.
La prossima tappa potrebbe prendere forma a breve in consiglio dei ministri con il decreto sulle Dogane, che porterà a 10 la lista dei testi unici accanto ai nove appena messi ufficialmente in consultazione per raccogliere i suggerimenti di imprese e professionisti.
In cantiere c’è poi un nuovo decreto omnibus che raccoglie una serie di interventi di revisione, ma senza costi, sulla tassazione dei redditi da lavoro autonomo e agricoltura e sul trattamento fiscale delle operazioni straordinarie come scissioni e fusioni fra imprese.
Senza dimenticare ovviamente i testi unici: «Raccoglieremo i pareri per due mesi – spiega Leo – fino al 13 maggio, quando saranno portati in consiglio dei ministri puntando al via libera definitivo entro l’estate». Ai tagli di tasse ci si penserà in autunno: numeri permettendo.