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Prova a carico del Fisco se l’impresa riesce a superare la presunzione

Torna a esprimersi il giudice di merito sulla questione del riparto dell’onere della prova nel caso di un giudizio instaurato contro l’avviso di accertamento emesso nei confronti di una società a ristretta base azionaria, e del suo unico socio, al fine di recuperare presunti utili extracontabili, non dichiarati dall’impresa. La Cgt di secondo grado della Puglia con la sentenza n. 31/22/2024 (presidente Dima, relatore Carra) ha accolto l’appello della società contribuente, non avendo l’ufficio motivato – né nell’atto impositivo, né in sede di giudizio – la plusvalenza realizzata a seguito della vendita di un immobile.

L’amministrazione, in particolare, aveva contestato alla società maggiori ricavi derivanti dalla cessione di un locale per un valore maggiore di quello dichiarato, essendo il cespite inserito, secondo l’ufficio, in una più ampia compravendita di un compendio immobiliare pervenuto alla contribuente con decreto di trasferimento di immobili del Tribunale di Lecce.

In realtà, il giudice di merito osservava che il bene ceduto era gravato da pignoramento immobiliare e che vi era prova in atti che il corrispettivo pagato in sede espropriativa era stato versato direttamente dall’acquirente nei confronti del creditore della società, proprio al fine di estinguere il debito dell’impresa. Non vi è spazio, pertanto, per alcuna presunzione di percezione di utili extra bilancio, essendo il pagamento del prezzo di acquisto avvenuto nell’ambito di una procedura giudiziaria e documentato, quindi, da un atto pubblico, facente fede fino a querela di falso.

La legge 130/22 di riforma del processo tributario, in vigore dal 1° settembre 2022, ha riformato l’ articolo 7 del Dlgs 546/92, introducendo al comma 5-bis uno specifico obbligo a carico dell’amministrazione di fornire la «prova in giudizio» delle «violazioni contestate con l’atto impugnato» mediante una «circostanziata, non contraddittoria e puntuale» dimostrazione della fondatezza della pretesa tributaria, dovendo comunque il giudice valutare la prova in «coerenza con la normativa tributaria sostanziale».

Ebbene, proprio tale valutazione probatoria fa salva sempre l’applicabilità delle presunzioni legali laddove normativamente previste, imponendo al contribuente l’onere della prova contraria.

Così, con la sentenza in commento, i giudici di merito hanno destituito di fondamento la presunzione di maggiori utili occulti della società, valorizzando i requisiti imposti dal comma 5-bis, ponendo in evidenza la circostanza per cui l’atto impositivo era fondato su un elemento presuntivo superato dalla evidente prova giudiziale della stipula dell’atto e dell’effettivo pagamento del prezzo dichiarato resa nella procedura espropriativa con atto pubblico intervenuto alla presenza di una autorità giudiziaria.

Ne deriva che – una volta che l’amministrazione ha fornito indizi sufficienti per sostenere l’obbligazione tributaria – in caso di contestazione nel merito da parte del contribuente, il Fisco è tenuto in sede giudiziale a provare con maggior responsabilità e puntualità la fondatezza della pretesa fiscale.

Fonte: Il Sole 24ORE

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