La cessione di immobili dalla srl al rappresentante legale e a sua moglie non configura una sottrazione fraudolenta in ragione degli stretti rapporti tra le parti della compravendita, soprattutto se i proventi non sono stati successivamente dispersi. A ribadirlo è la Cassazione con la sentenza n. 8643. Il rappresentante legale di una srl era condannato nei due gradi di giudizio per sottrazione fraudolenta in conseguenza dell’acquisto in proprio e da parte di sua moglie di alcuni immobili della società. In particolare era contestata la “vicinanza” delle parti intervenute nella compravendita, il prezzo corrisposto inferiore a quello oggetto di una perizia, e che il bene fosse gravato da un’ipoteca di importo irrisorio rispetto alla somma di spettanza erariale.
Nel ricorso si evidenziava che non vi era stato alcun atto fraudolento idoneo a rendere inefficace la procedura di riscossione, da escludersi anche perché i soci non si erano appropriati del danaro della vendita. La somma corrispondeva al valore di mercato dell’immobile, abbattuto in ragione di un diritto di superficie gravante su di esso. I proventi erano stati inoltre destinati dalla società anche al pagamento parziale di debiti erariali. La cassazione ha accolto il ricorso precisando che la nozione di atto fraudolento non ricomprende ogni cessione di beni realizzata da un soggetto debitore del Fisco, in quanto si dilaterebbe, in modo inaccettabile, la rilevanza penale. Si porrebbe così sotto esame del Pm e del giudice ogni transazione commerciale che determini la cessione di un diritto da parte di un contribuente, potendo, in via astratta, realizzarsi sempre la sottrazione rispetto alle ragioni erariali. Rilevante che la somma incassata non era stata dispersa per indebita utilizzazione circostanza che sarebbe stata sintomatica della condotta illecita anche se il prezzo corrisposto fosse stato più che congruo.
Fonte: Il Sole 24ORE