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I neoforfettari 2023 fuori dal concordato

Il beneficio è per i contribuenti che aderiranno al concordato entro il prossimo 15 ottobre. Sono esclusi coloro che hanno aperto la partita Iva nel 2023

Definizione preventiva “sperimentale” del reddito per il solo anno d’imposta 2024 per i contribuenti forfettari (imprese e lavoratori autonomi) che aderiranno al concordato fiscale entro il prossimo 15 ottobre. È quanto conferma nella versione bollinata l’articolo 7, comma 2, del decreto.

È evidente, quindi, che correlando il termine di adesione alla proposta con la prossimità del 31 dicembre, di preventivo, il concordato annuale sperimentale dei contribuenti forfettari, ha ben poco. Dal 2025, invece, anche ai forfettari dovrebbe applicarsi la regola dell’accordo preventivo biennale.

Il concordato fiscale per i contribuenti forfettari è disciplinato in maniera specifica dagli articoli che vanno dal 23 al 33 del decreto. Molte delle regole applicabili sono identiche a quelle cui sono soggetti coloro che applicano gli Isa. L’articolo 24 prevede che non possono accedere alla proposta di concordato, oltre a coloro che non possiedono i requisiti di cui all’articolo 10, comma 2 (assenza debiti tributari) o per i quali esiste una causa di esclusione prevista dall’articolo 11 (nel triennio precedente all’adesione: mancata presentazione dichiarazione dei redditi o presenza di condanna penale per reati tributari), anche chi ha iniziato l’attività nel periodo d’imposta precedente a quello a cui si riferisce la proposta.

È semplice dire che la causa di esclusione riguarderà coloro che hanno aperto la partita Iva nel corso del 2023. Ma la domanda è se per “inizio attività” si possa intendere anche il cambio di attività in corso d’anno, con attribuzione di un diverso codice Ateco se le attività iniziata, e cessata, rientrano in gruppi di settore ai quali non si applicano gli stessi coefficienti di redditività previsti per la determinazione dei redditi per i contribuenti forfettari.

Secondo il decreto, la proposta concordataria per tutti i soggetti, e quindi anche per i forfettari, verrà elaborata sulla base di una serie di informazioni storiche riferibili al contribuente e in relazione a dati macro, anche relativi al settore di appartenenza. Di qui la necessità di chiarire se anche il cambio di attività “radicale”, rispetto al periodo preso a riferimento per la costruzione della proposta possa, nei fatti, essere considerato come un vero e proprio inizio attività.

L’articolo 32 del decreto prevede, peraltro, che la stessa situazione costituisce causa di cessazione immediata del concordato eventualmente in corso.

Un altro tema che dovrà essere chiarito è quello che attiene al caso del soggetto forfettario 2023 che accede al concordato 2024 se nel corso dell’anno splafona i limiti per l’applicazione del regime agevolato. Nel caso di superamento del limite degli 85mila euro di ricavi o compensi incassati, ma comunque di permanenza sotto i 100mila euro, l’uscita dal regime non è immediata, ma decorre dall’anno successivo.

Se invece nel corso del 2024 si dovessero splafonare i 100mila euro di ricavi o compensi incassati, l’uscita dal regime sarebbe immediata e a questo punto il dubbio è: quali le conseguenze dell’eventuale adesione al concordato? L’articolo 25 prevede che con l’accettazione della proposta il contribuente si obbliga a «dichiarare gli importi concordati nella dichiarazione dei redditi relative al periodo d’imposta oggetto di concordato».

Quindi con l’adesione si predefinisce l’ammontare del “reddito” e non il sistema di tassazione del “reddito”.

Sembra logico ne debba conseguire che il forfettario 2023 che accetta la proposta entro il 15 ottobre prossimo ma poi esce dal regime di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89 della legge 190/2014 già con decorrenza dal 2024, dovrà tassare il reddito concordato con le ordinarie regole Irpef e non più con l’imposta sostituiva (15% o 5% per le neo attività).

Fonte: Il Sole 24ORE

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