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Rinnovabili agroforestali, cessioni con il nodo della quota incentivo

Accertamenti fiscali incerti sulle imprese green: controlli disparati su aziende agricole per produzione energie rinnovabili agroforestali.

Accertamento con contestazioni incerte e non sempre uniformi alle imprese che producono energie green. È quanto emerge dai controlli fiscali svolti negli ultimi tempi nei confronti di varie aziende agricole che producono energia da fonti rinnovabili agroforestali.

La questione riguarda le modalità di tassazione dei redditi di numerose imprese agricole, conseguiti dalla cessione dell’energia da fonti rinnovabili con produzione oltre 2.400.000 kWh annui. In sostanza, la produzione e la cessione, oltre tale limite, di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili agroforestali, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, non si considerano produttive di reddito agrario.

Tali somme sono imponibili applicando ai corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione ai fini Iva, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente del 25%, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari.

Le contestazioni concernono lo scorporo – dall’ammontare dei corrispettivi rilevanti ai fini Iva per tali cessioni – della “quota incentivo”. Il dubbio, in sostanza, è se il 25% debba essere applicato sull’intero importo ricevuto dalle imprese o scomputando la quota incentivo.

Secondo alcuni uffici dell’agenzia delle Entrate, infatti, viene riconosciuta una tariffa omnicomprensiva al cui interno non sarebbe possibile isolare la quota incentivo da escludere dall’imponibile. Confermerebbe tale interpretazione sia la risoluzione 88/E/2010 – che, ai soli fini Iva, ha ritenuto la tariffa omnicomprensiva interamente assoggettabile a imposta – sia la mancanza di un sistema di determinazione dell’incentivo.

La giurisprudenza di merito

Le contestazioni non sono mai state condivise dai giudici di primo grado sinora intervenuti (tra tutte Cgt Pavia 195/2023, ma si contano circa una decina di sentenze); mentre sono state avallate dalla Cgt della Lombardia (per tutte, sentenza 2662/2023), che ha indirettamente incoraggiato ulteriori e future analoghe contestazioni.

In estrema sintesi, secondo la Cgt della Lombardia (sezione 2), in caso di tariffa onnicomprensiva, non esiste una quota incentivo, trattandosi di una tariffa già determinata dal legislatore che comprende tutte le componenti legate alla cessione dell’energia elettrica, senza che sia possibile distinguere tra le varie voci. La tariffa onnicomprensiva si configurerebbe come un corrispettivo, essendo versata unitariamente, a fronte dell’immissione in rete dell’energia elettrica prodotta e non autoconsumata, rappresentando una quota fissa, non soggetta a oscillazioni dei mercati e non soggetta a prezzi variabili in base alla legge di domanda e offerta.

La tesi delle imprese

Le imprese del settore hanno sempre determinato il reddito scorporando la quota incentivante. Si sostiene, in sintesi, che il riferimento alla risoluzione dell’Agenzia sia inconferente almeno per due ragioni:

1 il momento della sua emissione (2010) è decisamente antecedente alle norme sulla tassazione della produzione energetica in questione;

2 il chiarimento (osservato dalle imprese) concerne l’Iva e non le imposte sui redditi (disciplinate da una successiva norma ad hoc).

Per l’individuazione dell’importo dell’incentivo all’interno della tariffa, le imprese fanno riferimento al prezzo unico nazionale formatosi sul mercato elettrico nel medesimo anno o al prezzo di cessione determinato annualmente dall’Arera per la quantificazione del valore degli incentivi sostitutivi dei certificati verdi.

Peraltro, la correttezza di una simile interpretazione deriverebbe anche dal recente Dl 34/2023 il cui articolo 6, relativo alla tassazione dell’agroenergia, ha previsto (per il 2022) ai fini della tassazione dei redditi che la componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, venga determinata dal minor valore tra il prezzo medio di cessione dell’energia elettrica, determinato da Arera, e il valore di 120 euro/MWh.

SOTTO LA LENTE

Il reddito agrario
La produzione e cessione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, si considerano attività connesse ex articolo 2135, terzo comma, del Codice civile, e produttive di reddito agrario.

Il coefficiente del 25%
Per la produzione di energia, oltre i citati limiti, da parte di persone fisiche, Ss, Srl e cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola, il reddito Irpef/Ires si calcola applicando il coefficiente del 25% sui corrispettivi Iva, relativi alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo; possibile opzione per determinare il reddito nei modi ordinari.

La disciplina 2022
Per il 2022 la componente della valorizzazione dell’energia ceduta, esclusa la quota incentivo, non può superare 120 euro/MWh (minor valore tra prezzo medio di cessione energia, determinato da Arera e valore di 120 euro/MWh).

Fonte: Il Sole 24ORE

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