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Il credito d’imposta non decade se non è indicato in dichiarazione

Nuovo principio previsto dal D.L. sugli Adempimenti, applicabile ai modelli relativi ai periodi d’imposta successivi al 31 dicembre 2022.

La mancata indicazione nei modelli dichiarativi fiscali (Redditi, Irap, Iva e 770) di crediti d’imposta derivanti da agevolazioni, purché spettanti, non avrà più come conseguenza la decadenza dal relativo beneficio: è uno dei principi previsti, per il futuro, dallo schema di decreto legislativo sugli Adempimenti approvato in via definitiva dal governo. La norma intende mettere fine a situazioni spiacevoli frequentemente accadute e spesso oggetto di contenzioso, in cui il contribuente, pur avendo posto in essere tutte gli adempimenti sostanziali e formali per beneficiare del credito d’imposta, si dimenticava di indicarlo nella relativa dichiarazione. Con fatica (e spesso confondendo tra le diverse agevolazioni), Uffici e giudici tributari si sono trovati a distinguere tra fattispecie in cui la disciplina non aveva mai collegato la mancata indicazione in dichiarazione con la perdita del credito ad altre in cui tale conseguenza era prevista, talvolta nella legge istitutiva o talvolta solo in provvedimenti amministrativi se non addirittura in documenti di prassi.

Peraltro, in molti casi è stata la stessa amministrazione finanziaria ad ammettere l’utilizzo dell’integrativa per sanare la mancata indicazione in dichiarazione del credito, facendo salvo il diritto alla sua spettanza (circolare 13/E/2017, par. 4.9.1 e risposta ad interpello 396/2021). Talvolta, tuttavia, la giurisprudenza, anche di Cassazione, è stata più severa, non ammettendo la correzione postuma della dimenticanza. Anche le recenti sentenze delle Sezioni Unite n. 34419/2023 e 34452/2023 riconnettono la mancata indicazione in dichiarazione all’inesistenza del credito, ma solo a due condizioni ben precise:

a) tale causa di decadenza deve essere prescritta dalla legge;

b) l’inesistenza non deve essere riscontrabile (anche se non di fatto riscontrata) in sede di controllo formale o liquidazione delle dichiarazioni, altrimenti l’inesistenza degrada a mera «non spettanza».

Considerate le cautele che il sistema già da tanti anni impone alle compensazioni dei crediti, quest’ultimo requisito difficilmente dovrebbe verificarsi nella pratica, avendo gli Uffici (sin dal codice tributo utilizzato per la compensazione nel modello F24) ampia possibilità di intercettare l’anomalia emergente dall’utilizzo di un credito non risultante dalla relativa dichiarazione.

Ad ogni modo, per il futuro (la nuova norma si applicherà alle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2022) il problema non sussisterà più e la mancata indicazione in dichiarazione non costituirà mai decadenza dal beneficio. Per il passato, è la stessa relazione al decreto legislativo ad affermare che la nuova norma si presenta «in linea con l’affermarsi di un indirizzo giurisprudenziale» ed è possibile che i giudici tributari prendano spunto dal nuovo principio di civiltà giuridica per applicarlo anche alle contestazioni già in essere.

La disposizione sottolinea come resti ferma l’applicazione dell’articolo 17, comma 2, del decreto Mise 115/2017: l’inadempimento degli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato degli aiuti (anche de minimis) non subordinati all’emanazione di provvedimenti concessori determina l’illegittimità della fruizione del beneficio. E l’indicazione in appositi quadri della dichiarazione è lo strumento attraverso il quale l’Agenzia compila il Rna per conto del contribuente. A livello fiscale, tale mancata indicazione si sana con la sanzione minima di 250 euro (risoluzione n. 26/E/2021).

Fonte: Il Sole 24ORE

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