Cerca
Close this search box.

Indebita detrazione Iva senza danno all’erario, stop alla sanzione del 90%

La sentenza della Cassazione chiarisce che va applicata la riduzione della sanzione al 30% in mancanza di perdita di gettito erariale.

La Cassazione con la sentenza 26374 del 12 settembre 2023 ha accolto parzialmente il ricorso della società Alfa Srl (nel seguito la “Società”), legittimando la decisione della Ctp in cui era stata disposta la riduzione della sanzione al 30% per indebita detrazione Iva nell’ambito di operazioni oggettivamente inesistenti.

La controversia origina da una contestazione della GdF su alcune società del medesimo gruppo (nel seguito il “Gruppo Beta”) che acquistavano e vendevano reciprocamente nelle medesime date energia elettrica sul mercato telematico, realizzando un meccanismo circolare in forza del quale le quantità di energia comprate erano sempre pari a quelle vendute e i corrispettivi pagati da ciascuna società per gli acquisti erano sempre pari a quelli incassati per le rivendite alle altre società della rete (c.d. operazioni chiuse a saldo zero). Secondo la GdF, il fine principale era quello di consentire al Gruppo Beta di accedere a canali di finanziamento da parte degli istituti di credito, ne conseguiva un meccanismo di fatturazione reciproca meramente cartolare afferente a operazioni asseritamente fittizie – peraltro non tracciate neanche presso il Gestore dei Mercati Energetici (Gme) – in relazione alle quali l’Iva a debito era stata regolarmente versata mentre quella passiva sugli apparenti acquisti risultava indebitamente detratta.

L’agenzia delle Entrate contestava l’inesistenza oggettiva delle operazioni e, pertanto, l’indebita detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto di energia (all’epoca dei fatti, ossia il 2004, sanzionata al 100%), pur non essendovi una perdita di gettito fiscale.

La Ctp accoglieva parzialmente il ricorso della Società, riducendo le sanzioni disposte nella misura del 30%. Quest’ultima proponeva appello, deducendo trattarsi di comuni operazioni di trading c.d. back to back, tipiche del mercato elettrico, con saldo del dare e dell’avere (c.d. netting) al termine delle negoziazioni medesime, nonché la mancanza di alcun danno erariale per avere le controparti coinvolte sempre provveduto al versamento delle relative imposte dovute.

La Ctr rigettava l’appello della società, e accoglieva quello dell’Agenzia, a valle delle prove dedotte da quest’ultima, come la mancata consegna dell’energia e la mancanza di strutture operative in alcune delle società coinvolte, etc.. Inoltre, la Ctr considerava irrilevante l’avvenuto versamento dell’imposta indicata nelle relative fatture, atteso che, ai sensi dell’ articolo 19 del Dpr 633/1972, il diritto alla detrazione non poteva essere esercitato in totale carenza del suo presupposto e cioè dell’acquisto di beni nell’esercizio dell’impresa. Peraltro, ai sensi dell’ articolo 21, comma 7 del Dpr 633/1972, l’imposta era dovuta laddove emessa la fattura, seppure relativa a un’operazione inesistente, ma in tal caso non era consentita – come nella specie – la detrazione, per mancanza del presupposto di un effettivo acquisto di beni e servizi. Quanto alle sanzioni, il giudice di appello riteneva non giustificata la riduzione delle sanzioni al 30% disposta dalla Ctp, non sussistendo alcuna norma di legge a supporto di tale quantificazione, né essendo stato esposto il criterio utilizzato per tale rideterminazione.

A valle della sentenza di Ctr la Società presentava ricorso per Cassazione, contestando la violazione del principio di proporzionalità per aver la Ctr riformato la decisione della Ctp che aveva ridotto le sanzioni al 30%, mantenendo ferma la sanzione inizialmente irrogata pari al 100%.

La Cassazione in prima battuta ha richiamato la sentenza EN-SA dell’8 maggio 2019, causa C-712/17, nella quale l’Avvocato generale ha affermato che gli articoli 168 e 203 della Direttiva 2006/112/CE non ostano al contemporaneo riconoscimento di un debito di imposta, basato su una fatturazione, e di un diniego della detrazione, a condizione che il debito di imposta possa essere rettificato non appena sia escluso un rischio di perdita di gettito fiscale. In questo caso è certamente possibile sanzionare l’emissione di una fattura errata; tuttavia, una sanzione pari all’intero importo — non detraibile — dell’imposta sulle operazioni fittizie a monte è sproporzionata qualora una corrispondente Iva sulle operazioni fittizie a valle sia stata assolta e, pertanto, non vi sia stato alcun rischio di perdita di gettito fiscale.

Il parere dell’Avvocato è stato sostanzialmente confermato dai Giudici nella sentenza pubblicata l’8 maggio 2019 secondo la quale:

– è possibile escludere la detrazione relativa alle operazioni fittizie e, al contempo, imporre al soggetto che indica l’Iva in fattura, di assolvere tale imposta anche per un’operazione inesistente. Ogni operatore, infatti, deve versare l’imposta che ha indicato anche in assenza di un’operazione reale e, nello stesso tempo, non può detrarre l’Iva sulla fattura ricevuta in quanto relativa a un’operazione inesistente;

– il principio di neutralità, tuttavia, risulta rispettato solo se il diritto nazionale consente di rettificare il debito d’imposta risultante da tale obbligo qualora l’emittente, anche non in buona fede, abbia eliminato il rischio di perdite di gettito fiscale;

– i principi di proporzionalità e di neutralità non consentono, infine, di punire la detrazione illegale dell’Iva con una sanzione pari all’importo della detrazione effettuata. In primo luogo, al fine di valutare se una sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a reprimere, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa. Ciò in quanto l’Iva era stata regolarmente assolta a valle e l’Erario non aveva subito nessuna perdita di gettito fiscale. In base all’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE, l’Iva è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura. Tuttavia, in forza del principio di proporzionalità, detto obbligo non deve eccedere quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo e, segnatamente, non deve arrecare un pregiudizio eccessivo al principio di neutralità dell’Iva.

La Cassazione, a valle del richiamo dei principi unionali di cui alla decisione Ue richiamata, ha accolto il ricorso della Società in relazione al motivo della proporzionalità delle sanzioni, ribadendo che, nel caso di specie, la Ctr non si è attenuta ai suddetti principi nell’avere – riformando sul punto la Ctp che aveva ridotto nella misura del 30% le sanzioni irrogate – confermato la legittimità delle stesse nell’importo iniziale del 100%, senza verificare la illegittimità delle sanzioni ove irrogate nella misura pari all’importo della detrazione effettuata. Pertanto, la Cassazione ha legittimato la riduzione delle sanzioni al 30% altresì operata in primo grado in sede di merito.

Si ricorda che in linea con i principi comunitari di neutralità e proporzionalità sopra richiamati, il richiamo all’ articolo 6, comma 6 del Dlgs 471/1997 prevede l’applicazione della sole sanzioni formali, mantenendo il diritto alla detrazione (in assenza di frode) nel caso di errata applicazione dell’imposta. Tale disposizione è una norma di sistema che, in assenza di frodi, mira a preservare il diritto alla detrazione in capo al cessionario/committente con la finalità di garantire, in modo semplificato ed efficiente, il recupero immediato dell’imposta, evitando di intraprendere complesse e onerose procedure finalizzate al recupero dell’Iva ritenuta erroneamente applicata e mitigare l’impatto sanzionatorio in situazioni che non determinano un effettivo danno erariale, in aderenza ai principi comunitari sopra richiamati (si veda anche tra l’altro la Corte di Giustizia Ue, sentenza causa C-935/19 del 15 aprile 2021).

Si auspica che la revisione del sistema sanzionatorio previsto dalla delega fiscale ( articolo 20 della legge 111/2023) preveda l’applicazione di sanzioni formali in fattispecie come quella descritta di errata applicazione dell’Iva senza danni all’erario, proprio in ottica di semplificazione e coerenza con i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea.

Fonte: Il Sole 24ORE

Condividi questo articolo

Notizie correlate

Desideri maggiori informazioni su bandi, finanziamenti e incentivi per la tua attività?

Parla con un esperto LHEVO

business accelerator