Con l’avvicinarsi del termine di invio della dichiarazione dei redditi, nella quale poter esercitare l’opzione per l’accesso al regime quinquennale del nuovo patent box ( articolo 6, comma 6, Dl 146/2021), diverse imprese si trovano ancora oggi a ragionare sull’opportunità o meno di agire in tal senso, considerati i dubbi irrisolti da parte degli enti competenti. Ricordiamo che l’opzione ha durata per cinque periodi d’imposta, è irrevocabile e rinnovabile, ed è efficace anche ai fini Irap.
L’utilizzo della privativa
Con la circolare 5/E/2023 l’amministrazione finanziaria ha avuto il pregio di fornire diversi chiarimenti in merito all’operatività dell’incentivo. Ma sono stati rilevati dubbi interpretativi da parte degli addetti ai lavori per ciò che attiene, ad esempio, all’individuazione dell’esercizio di primo utilizzo della privativa, al quale, secondo l’agenzia delle Entrate, risulterebbe subordinata la decorrenza iniziale di fruizione del beneficio.
Tale vincolo, infatti, non risulta presente nell’attuale dettato normativo e, semmai, poteva avere solide basi “solo” per il precedente regime di patent box (articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 190/2014), dal momento che l’incentivo era generato dal reddito derivante dall’utilizzo della privativa (si veda anche Assonime, con la circolare 20/2023).
Va rilevato inoltre come la stessa amministrazione finanziaria, nella circolare 5/E/2023, precisi che lo sfruttamento economico della privativa rappresenta una mera eventualità, in quanto le imprese hanno la possibilità, e non l’obbligo, di avvalersi degli eventuali risultati connessi alla privativa.
Ancora maggiori perplessità emergono laddove l’Agenzia ritiene che una privativa non è da considerarsi utilizzata se la registrazione della stessa è avvenuta per la «mera tutela di quote di mercato». Al riguardo, si evidenza come, in determinati settori di attività, sono frequenti i casi di imprese che, per avvantaggiarsi rispetto alla concorrenza, si tutelano registrando la privativa senza effettuare alcuno sfruttamento nel breve e medio periodo, ma ottenendo certamente un vantaggio di carattere strategico.
Per non parlare delle aziende che utilizzano la privativa in attività diverse da quelle commerciali, come ad esempio in attività di ricerca e sviluppo interne all’impresa finalizzate alla creazione di una nuova privativa.
In tali casi sarebbe opportuno che l’amministrazione finanziaria, in linea con la disciplina agevolativa, riconoscesse quale “utilizzo della privativa” un qualunque impiego di quest’ultima nell’attività aziendale idoneo a creare “benefici” diretti o indiretti per l’impresa, a prescindere dalla produzione di reddito derivante della privativa stessa.
L’autodichiarazione successiva
Altro tema rilevante è rappresentato dal fatto che, per i disegni/modelli non registrati e divulgati al pubblico in un determinato esercizio, l’Agenzia ha consentito, tramite apposita autodichiarazione redatta successivamente dall’impresa, di poter fruire della deduzione ordinaria già nel periodo d’imposta in cui è avvenuta la divulgazione al pubblico.
La successiva registrazione del disegno/modello – come indicato nella circolare 5/E/2023, paragrafo 4.3 – permette poi all’azienda di recuperare nell’agevolazione anche i costi sostenuti negli esercizi precedenti a quello di divulgazione. Procedimento del tutto analogo si ritiene valga anche per i software creati in un determinato esercizio (e non ancora registrati entro lo stesso), in considerazione del fatto che anche per essi è consentita l’autodichiarazione dell’impresa.
Altre due incertezze riguardano: la possibilità per un determinato periodo d’imposta di poter agevolare i “soli” costi di mantenimento e protezione della privativa senza che nell’esercizio siano svolte attività di ricerca, sviluppo e innovazione; e la possibilità di poter considerare utilizzata una privativa anche se concessa in licenza a società dello stesso gruppo societario. Sembra – a chi scrive – che, in entrambi i casi, si potrebbe dare un riscontro positivo, poiché la normativa allo stato attuale non contiene preclusioni al riguardo.
SOTTO LA LENTE
L’idoneità dei documenti per la penalty protection
Il Dl 146/2021 (articolo 6, comma 6) prevede la possibilità di predisporre idonea documentazione al fine di godere di un’esimente sanzionatoria (penalty protection) in caso di rettifiche da cui derivi una maggiore imposta o un minor credito.
La mancata predisposizione della documentazione idonea non comporta la preclusione all’accesso al nuovo regime patent box, ma in caso di recupero a tassazione, in tutto o in parte, della maggiorazione dedotta, non si applica l’esimente sanzionatoria.
La documentazione va articolata in due sezioni (A e B):
O un primo insieme di informazioni (Sezione A) volto a delineare e descrivere il contesto operativo e funzionale dell’azienda, con particolare riguardo alla tipologia e alle modalità di svolgimento delle attività rilevanti;
O un secondo gruppo di informazioni (Sezione B) mira a validare, supportare e giustificare, sotto il profilo contabile e fiscale, quanto rilevato nella precedente sezione, permettendo di effettuare il riscontro del processo di quantificazione del beneficio.
Fonte: Il Sole 24ORE