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Consulenti responsabili su quattro livelli differenti

Il professionista affronta diverse responsabilità, tra cui amministrativa, civile, penale e deontologica, a seconda delle situazioni.

Sono numerose le fattispecie nell’ambito delle quali possono sorgere questioni di responsabilità in capo al professionista, essendo tra l’altro necessario distinguere tra responsabilità amministrativa, civile, penale e deontologica.

Ognuna di queste forme di responsabilità, infatti, è caratterizzata da principi propri, ragion per cui, se in determinati casi non sussistono problematiche di responsabilità amministrativa, potrebbero comunque sorgere, ad esempio, rischi di richieste di risarcimento danni per responsabilità civile.

In ambito penale ci sono due norme rilevanti: da un lato l’articolo 110 del Codice penale, in materia di concorso di persone nel reato, e, dall’altro, la circostanza aggravante dettata dal comma 3 dell’articolo 13-bis del Dlgs 74/2000, in forza della quale le pene sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.

Affinché possa configurarsi il concorso del consulente nel reato tributario commesso dal contribuente è necessario che il suo contributo sia concreto e consapevole, ragion per cui può ritenersi sussistente un’ipotesi di responsabilità soltanto in caso di dolo, quando il consulente risulta vero e proprio ispiratore della frode, essendo invece irrilevante il fatto che abbia o meno beneficiato dell’illecito.

In tema di reati tributari, vi è poi un ulteriore aspetto da tenere a mente, rappresentato – come detto – dalla specifica circostanza aggravante prevista se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista. Sebbene la norma non lo richieda espressamente, in questo caso, come evidenziato anche dalla Cassazione con la sentenza 1999 del 18 gennaio 2018, è richiesta una particolare modalità della condotta, ovvero la “serialità”. Considerato, infatti, che la norma attribuisce rilievo all’elaborazione o commercializzazione di «modelli di evasione», deve ritenersi rilevante una certa «abitualità e ripetitività della condotta incriminata».

Questa circostanza aggravante, dunque, rappresenta una vera e propria ipotesi di “concorso qualificato”, in quanto prevista a fronte di condotte che già sarebbero punibili a titolo di concorso in base all’articolo 110 del Codice penale, ma scatta al ricorrere di due presupposti: uno soggettivo (attività di consulenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione a specifici Albi o elenchi) e l’altro oggettivo (serialità della condotta).

Da ultimo, è bene sempre ricordare che, in tema di reati tributari, il sequestro preventivo, in vista della confisca, potrebbe essere disposto indifferentemente nei confronti di uno o più degli autori della condotta criminosa, non essendo ricollegato all’arricchimento personale ma alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito: ben potrebbe quindi il consulente subire il sequestro in qualità di ispiratore del meccanismo fraudolento.

Fonte: Il Sole 24ORE

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