I soggetti che svolgono un’attività economica con scarsa redditività e inciampano nel regime delle società di comodo, al fine di evitare le penalizzazioni, in assenza di una delle cause tassative di disapplicazione automatica, possono valutare un’exit strategy in vista della scadenza del 30 novembre 2023 ovvero:
1 perfezionare l’assegnazione o la trasformazione agevolata (articolo 1, commi 100 e seguenti legge 197/2022);
2 optare per l’auto-disapplicazione in presenza di “situazioni oggettive”, pur in assenza di interpello, con separata indicazione in dichiarazione dei redditi (modello SC 2023, quadro RS, rigo 116).
La società interessata può anche pianificare di presentare, in prosieguo di tempo, l’interpello disapplicativo, considerato che l’ articolo 30 legge 724/1994 appare ormai superato, tanto da rendere improrogabile la riforma dell’istituto ( articolo 9, lettera b, legge delega 111/2023).
Invero, quest’ultima mira a ritornare alla ratio originaria antielusiva e quindi a colpire soltanto l’intestazione dei cespiti alle società senza impresa, per sfruttare la (ormai residuale) deduzione dei costi e la detrazione dell’Iva, con perdurante godimento personale degli stessi beni da parte di soci-persone fisiche e/o familiari.
In secondo luogo, è previsto l’aggiornamento dei coefficienti di operatività e di redditività divenuti ormai obsoleti con il passare degli anni (si veda relazione illustrativa al Ddl). In effetti, sotto il profilo evolutivo, la normativa citata, oggetto di ineluttabile revisione, ha registrato, dapprima, un inasprimento con la maggiorazione del 10,5% dell’aliquota Ires, la tassazione delle società in perdita sistematica, l’imponibilità dei benefit goduti dai soci o dai familiari e relativi obblighi di comunicazione all’Agenzia; poi tale recrudescenza è venuta in parte meno. L’anacronismo della vigente disciplina si desume dai seguenti aspetti:
1 l’estensione della cedolare
secca alla locazione di immobili strumentali;
2 l’inapplicabilità alle società dei bonus edilizi;
3 la forfetizzazione dei costi deducibili relativi ai beni mobili registrati intestati allo schermo societario;
4 il computo nel valore fiscale dei cespiti delle rivalutazioni monetarie con impatto negativo sulle percentuali di operatività e redditività;
5 la tassazione Ires dei plusvalori degli immobili ceduti anche dopo un quinquennio rispetto all’irrilevanza ai fini Irpef;
6 gli oneri fiscali per l’apporto dei cespiti in società, cui vanno sommati quelli più cospicui per l’eventuale scioglimento, salvo regimi sostitutivi speciali.
Qualora dunque si decida per il ruling probatorio, che però ha tempi lunghi, fino a 120 giorni, la programmata riforma rafforza la difesa delle fattispecie genuine e potrà riflettersi sull’accoglimento dell’istanza; in effetti, la legge delega recepisce anche l’orientamento della Cassazione; di recente la Suprema corte, per un verso, ha mitigato le presunzioni legali relative per il test di operatività e la redditività minima, dando poziore rilevanza all’esercizio di un’attività economica effettiva e alla ratio antielusiva originaria, e, per altro verso, sospettando che i vigenti limiti all’utilizzo del credito Iva siano in conflitto con il principio di neutralità, ha sollevato la questione di compatibilità con la direttiva 112/2006 (Cassazione 1898/2022, 1506/2022, 16091/2022, 19381/2021).
Fonte: Il Sole 24ORE