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Residenza fiscale delle società nella sede di direzione effettiva

Cambiano due criteri su tre: entra pure la gestione ordinaria in via principale. Non rilevano supervisione e monitoraggio della gestione

La residenza delle società nel testo del decreto legislativo Internazionalizzazione che è stato depositato in Parlamento (e di cui oggi inizia l’esame in commissione Finanze alla Camera) per la sua discussione appare invariata rispetto alla bozza in precedenza circolata. Ciò che varia è la formulazione rispetto al testo attuale del Tuir, per tenere conto di una serie di implicazioni emerse nel tempo. Ma vediamolo in dettaglio.

Nell’ambito dell’articolo 73 del Tuir la residenza effettiva di una società individua attraverso determinati parametri il luogo in cui la società deve considerarsi residente (comma 3) mentre l’esterovestizione (comma 5-bis) introduce una presunzione, imperniata sul controllo da parte di soggetti residenti o sull’amministrazione da parte di consiglieri residenti, di residenza in Italia di soggetti non residenti.

Per ciò che concerne la residenza fiscale l’attuale versione del Tuir prevede tre criteri alternativi, cioè la sede legale, la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale. Anche la presenza di uno solo di questi implica la residenza nel territorio dello Stato. L’attuale testo del decreto Internazionalizzazione lascia questa struttura alternativa, ma modifica due elementi su tre. Resta infatti ferma la sede legale, e non può essere altrimenti visto che si tratta di un dato essenziale, anche se di natura formale, ma si modificano gli altri due visto che fanno il loro ingresso la sede di direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale.

La modifica normativa mira a chiarine anche il significato. Infatti, per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Mentre per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Sembrano dei criteri decisamente più chiari per stabilire se una società si debba considerare residente in Italia, rispetto alla sede dell’amministrazione e all’oggetto principale. In particolare, come chiarito dalla stessa relazione illustrativa, essi hanno natura sostanziale. Inoltre, il fatto che siano posti l’uno dopo l’altro serve a superare il concetto della sede dell’amministrazione. La relazione chiarisce infatti che le attività di supervisione e di monitoraggio della gestione da parte dei soci devono considerarsi diverse dalla direzione effettiva e dalla gestione amministrativa corrente. Quindi sicuramente la sede di direzione effettiva viene mutuata dall’esperienza delle Convenzioni internazionali (place of effective management), ma va visto come qualcosa di differente rispetto all’elemento volitivo dei soci. Mentre la gestione ordinaria in via principale, elemento utilizzato da altri paesi europei, indica quegli atti attinenti al normale funzionamento della società nel suo complesso. L’inciso «in via principale» serve nel caso in cui solo una parte delle attività siano svolte nel territorio dello Stato e quindi vi può essere, nel caso, solo una stabile organizzazione.

Per gli organismi di investimento collettivo del risparmio resta la regola per cui si considerano residenti se istituiti in Italia. Anche per i trust il collegamento con lo Stato italiano resta invariato, nel senso che il trust estero sarà residente in Italia se almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. E lo stesso vale per quei trust per i quali un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi. Ciò che cambia è la modalità di individuazione di questi trust esteri, perché il riferimento alla white list dell’articolo 168-bis del Tuir, articolo abrogato ormai dal 2015, viene sostituito dal riferimento alla lista dei paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni, in base al Dm introdotto dall’articolo 11, comma 4, lettera c), del Dlgs 239/1996.

In base alle modifiche del comma 3 appare poi più netta e chiara anche la norma dell’esterovestizione (comma 5-bis) che per individuare la presunzione di residenza per i non residenti che controllano società italiane e sono controllati o amministrati da soggetti italiani non fa più riferimento alla nozione di sede dell’amministrazione, ormai superato.

Fonte: Il Sole 24ORE

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