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Assegnazione ai soci, volata per evitare penalizzazioni delle società di comodo

Dopo il voto di fiducia arriva l’ok definitivo dall’Aula di Montecitorio. Operazioni entro il 30/11 per sfruttare la sostitutiva all’8%.

Ultimi controlli per le società immobiliari che intendono avvalersi delle operazioni di assegnazione o trasformazione agevolata in scadenza a fine mese. Chi non supera il test di operatività nel modello Redditi 2023 potrebbe approfittare della norma agevolativa per estromettere i beni dati in uso ai soci oppure per trasformarsi in società semplice.

Entro giovedì 30 novembre come previsto dal decreto Proroghe (Dl 132/2023) che ha incassato la fiducia alla Camera e nella giornata di giovedì attende il via libera definitivo, le società che detengono immobili, sia abitativi che commerciali, non utilizzati direttamente possono procedere alla assegnazione agevolata ai soci assoggettando le plusvalenze, calcolate anche con il più vantaggioso metodo automatico-catastale, ad una imposta sostitutiva dell’8 per cento.

Se la società è risultata di comodo in almeno due su tre esercizi nel periodo 2020-2022, l’imposta che grava sulle plusvalenze è del 10,5%, ma il beneficio risulta in realtà molto più importante, soprattutto se i beni che vengono assegnati non generavano proventi significativi, essendo utilizzati dai soci a canoni inferiori al valore di mercato, impedendo con ciò di superare il test di operatività.

Le società non operative nel modello Redditi 2023, in fase di presentazione in questi giorni, devono dunque prendere in seria considerazione la possibilità offerta dalla legge di assegnare ai soci entro il prossimo 30 novembre (termine fissato dal decreto anticipi) taluni dei beni posseduti. Nella scelta, è opportuno ricordare che i prossimi decreti di riforma fiscale dovrebbero prevedere, come indicato dalla legge delega 111/2023, una riscrittura delle norme sulle società di comodo tesa a colpire tutte e soltanto le strutture utilizzate come schermo per l’intestazione di beni, in particolare immobili, che restano nella disponibilità dei soci.

Questi beni, che in genere producono proventi nulli o irrisori e sono spesso la causa del mancato raggiungimento del test di operatività, finiranno per essere colpiti dalla norma sugli enti di comodo anche dopo l’attuazione della riforma. È dunque opportuno, se la società ha un patrimonio immobiliare “misto”, cioè in parte realmente affittato secondo regole di mercato, e in parte tenuto nella disponibilità dei soci, dar corso all’assegnazione agevolata di questi ultimi fabbricati e ridurre così la base di calcolo dei ricavi minimi.

Nelle valutazioni di convenienza dovrà essere tenuta in considerazione anche l’eventuale tassazione dei soci (a titolo di distribuzione di riserve o di capitale). Si evita quest’ultimo onere se si procede invece al trasferimento mediante cessione agevolata, qualora siano presenti finanziamenti dei soci che possono essere rimborsati per chiudere il giro finanziario della operazione.

Per le società immobiliari prevalentemente o esclusivamente finalizzate alla intestazione di beni utilizzati dai soci, la soluzione preferibile, per avere certezza di uscire definitivamente dal regime degli enti di comodo, è invece quella della trasformazione in società semplice. Il costo è sostanzialmente analogo alla assegnazione; se la trasformanda è una società di capitali, occorre però tassare in capo ai soci le riserve di utili.

Le Entrate, durante lo Speciale Telefisco 2023, hanno chiarito che, per i soci persone fisiche, questa tassazione avverrà applicando la ritenuta “secca” del 26% da versare entro il 16 aprile 2024. Si auspica che il punto venga confermato in via ufficiale, precisando che l’imponibile su cui applicare la ritenuta va calcolato al netto delle plusvalenze che la società ha già assoggettato alla imposta sostitutiva.

Fonte: Il Sole 24ORE

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