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Forfettari, verifica variabile per il reddito di lavoro dipendente o pensione

A dicembre attenzione al regime forfettario: occorre monitorare i redditi per evitare superamenti soglie entro fine anno.

Manca poco più di un mese alla fine dell’anno e ciò impone di iniziare a tenere d’occhio il possibile superamento delle soglie di reddito o ricavi per la permanenza nel regime forfettario (regolato dalla legge 190/2014, comma 54 e seguenti).

Sul finire dello scorso anno, la legge di Bilancio per il 2023 (legge 197/2022) ha permesso di salvare la flat tax a tutti gli autonomi e i professionisti che hanno superato la soglia di 65mila euro di ricavi o compensi, ma sono rimasti entro quella – nuova – di 85mila euro. Lo stesso limite andrà riscontrato anche quest’anno, dal momento che la manovra messa a punto dal Governo Meloni non interviene su questo tema.

La regola è sempre la stessa: chi supera il limite degli 85mila euro nel corso del 2023, esce dal regime forfettario a partire dal 1° gennaio 2024. Da quest’anno, però, c’è un’eccezione, vale a dire l’uscita immediata dal forfait per chi dovesse superare il limite di 100mila euro di ricavi o compensi: una nuova ipotesi introdotta dalla manovra dello scorso anno, che peraltro dovrebbe verificarsi piuttosto di rado.

Il limite del reddito di lavoro dipendente

Una soglia cui porre particolare attenzione è quella di 30mila euro di reddito di lavoro dipendente o assimilato (articoli 49 50 del Tuir). Chi supera questo livello reddituale nel corso del 2023, a partire dall’anno prossimo non potrà più applicare il regime forfettario.

La questione è piuttosto delicata per i dipendenti che svolgono il classico “secondo lavoro” con partita Iva e – in particolare – per i pensionati che hanno aperto una posizione Iva per coltivare qualche collaborazione. Nelle situazioni poco al di sotto della soglia, l’indicizzazione all’inflazione dell’assegno pensionistico potrebbe far pendere la bilancia dall’altra parte rispetto a quella del regime forfettario.

Oltretutto, per dipendenti e pensionati la verifica del reddito potrebbe essere meno immediata di quella dei ricavi o compensi da parte dei professionisti e degli autonomi: il passaggio dal netto al lordo della busta paga (o del cedolino) è meno immediato della somma del fatturato.

Cosa conta ai fini del reddito

È importante segnalare che con risposta a interpello 102/2020 l’agenzia delle Entrate ha chiarito come «ai fini della determinazione del limite di 30mila euro rilevino solo i redditi percepiti in via ordinaria, senza tener conto di fattori errati che potrebbero falsare la determinazione di tali importi ai fini della predetta soglia» come accade, ad esempio, per gli emolumenti arretrati e altri redditi tassati con il beneficio della tassazione separata.

A diversa conclusione, invece, secondo l’Agenzia si giunge se il superamento è dovuto ai premi di risultato soggetti a tassazione sostitutiva ( risposta ad interpello 398/2020).

Secondo la circolare 10/E/2016 il limite in questione:

• non opera se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell’anno precedente, sempre che nel medesimo anno non sia stato percepito un reddito di pensione;

• continua a rilevare se il rapporto di lavoro dipendente cessato è stato sostituito da un nuovo rapporto entro la fine dello stesso anno precedente;

• va valutato, per quanto attiene alla cessazione del rapporto, esclusivamente con riferimento all’anno precedente a quello in cui si intenderebbe fare ingresso nel regime forfettario.

Il che si presta a qualche paradosso.

Ipotizziamo un soggetto che nell’anno 2022 ha percepito un reddito di lavoro dipendente di 29.000 euro, importo che aumenta sino a 32.000 euro al 30 settembre 2023, data in cui si licenzia o viene licenziato. Ebbene in questo caso il nostro contribuente non ha problemi con il regime forfettario perché:

a) nell’anno precedente (2022) il limite non è stato superato;

b) nell’anno in corso (2023) il “paletto” è stato superato ma non rileva per via della cessazione del rapporto.

Quindi, se già nel 2022 era forfettario non si verifica mai l’uscita (ammontare degli incassi permettendo ovviamente) oppure può farvi ingresso a suo piacimento, stante il fatto che, di per sé, la coesistenza di lavoro dipendente e impresa/lavoro autonomo in regime forfettario non è un problema.

Particolarmente penalizzati risultano, quindi, i titolari di pensione (il reddito ben difficilmente cessa o si riduce), tanto più che secondo l’Agenzia fanno cumulo anche le pensioni esenti da imposte in Italia ( risposta ad interpello 311/2023).

Le dimissioni e il preavviso nell’anno nuovo

Interessante il caso trattato dalla risposta ad interpello 369/2021, in cui il contribuente aveva rassegnato le dimissioni nell’anno “x” ma, per effetto del periodo di preavviso, aveva proseguito il rapporto di lavoro sino all’anno “x+1”, quando si era regolarmente concluso. Mentre nell’anno “x” il limite era stato superato, altrettanto non era accaduto nell’anno “x+1”. Secondo le Entrate questo soggetto può fare ingresso nel regime forfettario solo a partire dall’anno “x+2” perché, come chiarito dall’Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pa) con l’orientamento applicativo n. Agf073, «sulla base di un consolidato orientamento interpretativo della normativa civilistica, il rapporto di lavoro è in atto anche durante il periodo di preavviso, nell’ambito del quale, quindi, trovano applicazione tutti gli istituti connessi al rapporto di lavoro».

Fonte: Il Sole 24ORE

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