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Utili extrabilancio, stop alla rettifica con la partecipazione tramite altra società

La Cgt La Spezia: il Fisco deve dimostrare che il soggetto intermedio ha ricevuto fondi non dichiarati, successivamente distribuiti al socio.

È illegittima la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio basata sul maggior reddito accertato in capo a una società di capitali a ristretta base sociale nel caso in cui il contribuente, persona fisica, destinatario dell’avviso di accertamento detiene la partecipazione nella società accertata attraverso un’altra società.

In questo caso, è onere dell’amministrazione finanziaria fornire la prova che il soggetto intermedio ha percepito dalla partecipata utili non dichiarati e che questi siano stati a loro volta distribuiti al socio persona fisica.

In assenza della dimostrazione da parte dell’agenzia delle Entrate di questo doppio passaggio viene meno la legittimità della pretesa tributaria. A queste conclusioni è giunta la Corte di giustizia tributaria di primo grado La Spezia con la sentenza 86/1/2023.

La vicenda esaminata

La fattispecie processuale fa seguito ad un avviso di accertamento attraverso il quale venivano attribuiti al socio, in base alla sua quota di partecipazione al capitale sociale della società, i presunti utili extra bilancio accertanti in capo a quest’ultima. In particolare, la contribuente contestava l’inoperatività della presunzione utilizzata dall’Ufficio in conseguenza dell’estraneità della stessa dalla compagine sociale della società accertata in quanto quest’ultima era partecipata da altra società di capitali di cui la ricorrente deteneva il 95% delle partecipazioni.

I giudici hanno accolto il ricorso sostenendo che Ufficio aveva basato la pretesa tributaria su un’inammissibile doppia presunzione: la prima che l’ente giuridico partecipante abbia percepito utili extracontabili dalla partecipata; la seconda inerente al maggior reddito per conseguenza imputato alla Srl socia della società accertata e da questa distribuiti al socio persona fisica.

E per giungere a tale conclusione la Corte sottolinea come nel caso di specie mancasse – al di là di quanto formalmente risultasse dalla composizione delle relative compagini sociali – qualsiasi elemento, anche indiziario, atto a dimostrare non solo che la società interposta fosse un mero schermo, ma anche che la contribuente fosse la beneficiaria effettiva del maggior reddito accertato.

Conclusioni in contrasto con la giurisprudenza di legittimità

Le conclusioni a cui giungono i giudici liguri si pongono, tuttavia, in contrasto con i consolidati orientamenti dei giudici di legittimità (Cassazione 13841/2021) che in più occasioni hanno avallato la tesi erariale sostenitrice del fatto che la presunzione di riparto degli utili extra bilancio tra i soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa opererebbe anche laddove tra il socio persona fisica e la società accertata si interpone un altro soggetto giuridico a ristretta compagine sociale.

Probabilmente la decisione assunta è il frutto anche dell’applicazione del nuovo onere probatorio previsto dall’ articolo 7, comma 5-bis del Dlgs 546/92, che impone al giudice di annullare l’atto impositivo qualora l’amministrazione finanziaria non provi in maniera puntuale e circostanziata le ragioni oggettive poste a fondamento della pretesa impositiva o sanzionatoria.

La delega fiscale

Tra l’altro, le conclusioni a cui sono giunti i giudici di merito riflettono, in buona sostanza, i principi indicati nella legge per la riforma fiscale.

Quest’ultima, infatti, già delinea i contorni attraverso i quali sarà possibile presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato in capo alle società di capitali a ristretta base partecipativa limitandone, però, l’operatività alle sole ipotesi in cui venisse accertato, sulla base di elementi certi e precisi, l’esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi inesistenti.

Fonte: Il Sole 24ORE

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