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Riporto perdite fiscali e fusioni, rileva l’esercizio precedente all’operazione

Fusione societaria: ristrutturazione patrimoniale senza impatto fiscale, senza cessione di attività o emersione di plusvalenze latenti.

La fusione è un’operazione di riorganizzazione societaria che incide sulla composizione patrimoniale e partecipativa delle società coinvolte, ma è neutra ai fini dei redditi, non comporta fuoriuscita di asset aziendali, né emersione di plusvalori latenti.

Proprio in virtù di questa neutralità, l’articolo 172 del Tuir stabilisce che la società risultante/incorporante subentra, dalla data di efficacia dell’operazione, negli obblighi e nei diritti relativi alle imposte sui redditi delle società fuse/incorporate.

Questo regime di neutralità e continuità di valori e di posizioni fiscali trova, tuttavia, un limite, nell’articolo 172, comma 7 che regola il riporto delle perdite fiscali (nonché delle eccedenze di interessi passivi e delle eccedenze Ace), introdotto al fine di contrastare il fenomeno elusivo del commercio di cd. «bare fiscali», ossia l’aggregazione con società in perdita fiscale e prive di operatività al solo scopo di abbattere gli utili imponibili.

In estrema sintesi, il riporto delle perdite delle società che partecipano alla fusione è subordinato alla permanenza, in capo alle società partecipanti, di condizioni di vitalità economica di carattere quantitativo e di effettiva operatività, accertabili attraverso la verifica del rispetto dei seguenti limiti:

– patrimonio netto;

– superamento del test di vitalità.

Nella risposta n. 77/2022, l’agenzia fornisce chiarimenti in tema di limite patrimoniale al riporto delle perdite fiscali sostenendo che, nel caso di fusione con effetto contabile e fiscale retrodatato, ai fini della determinazione del quantum delle perdite riportabili, rilevi il patrimonio netto dell’incorporata risultante dall’ultimo esercizio prima della data di efficacia giuridica della fusione.

La fattispecie esaminata è quella di un’operazione di fusione per incorporazione della società BETA (incorporata) in ALFA (incorporante) avente efficacia giuridica al 31.10.N, ma con effetti contabili e fiscali retrodatati all’1.1.N e realizzata in assenza di una situazione patrimoniale ex articolo 2501- quater del Codice civile, sostituita dal bilancio al bilancio al 31.12.N-1.

L’istante chiede il parere dell’agenzia delle Entrate in merito alla data a cui fare riferimento per la determinazione del limite patrimoniale dell’incorporata, portatrice di una perdita fiscale maturata nel periodo di retrodatazione della fusione. BETA, infatti, superava il c.d. test di vitalità ed aveva un patrimonio netto al 31.12.N-1 capiente rispetto all’importo di tale perdita; tuttavia, alla data di efficacia giuridica della fusione (31.10.N), la consistenza del patrimonio netto risulta notevolmente ridotto in misura tale da non consentire il riporto integrale delle perdite.

Il contribuente suggerisce di considerare il patrimonio netto risultante dalla situazione contabile al 30.10.N per ragioni di omogeneità, nonostante tale impostazione comporti l’impossibilità di riportare la perdita fiscale, in presenza di un patrimonio netto negativo. Diversamente, secondo il contribuente, si verrebbero a confrontare due grandezze non omogenee dal punto di vista temporale, in quanto rispetto al patrimonio netto risultante al 31.12.N-1, la perdita è quella maturata alla successiva data di efficacia giuridica ossia il 31.1./N. In proposito, il contribuente riporta le indicazioni fornite dalla stessa Amministrazione finanziaria nella Risoluzione n. 54 del 9 maggio 2011 a commento dell’articolo 172, comma 7, «(…) la finalità della disposizione in commento, nella sua evoluzione storica, rende necessario un confronto tra due termini omogenei (dal punto di vista temporale), ossia la “dote” di perdite fiscali pregresse (nonché “di periodo”, in caso di retrodatazione fiscale) alla data di efficacia giuridica della fusione e la consistenza del patrimonio netto a tale data ovvero, in caso di retrodatazione, ad una data quanto più prossima, e ciò a prescindere dalla circostanza che il relativo bilancio sia stato già approvato».

L’agenzia delle Entrate non concorda con l’impostazione del contribuente sostenendo che ai fini della determinazione del quantum delle perdite riportabili rilevi il patrimonio netto dell’incorporata risultante dall’ultimo esercizio prima della data di efficacia giuridica della fusione, nello specifico il bilancio al 31.12.N-1.

L’agenzia si concentra, infatti, sul tenore letterale dell’articolo 172, comma 7 che «utilizza come riferimento due documenti di matrice civilistica, ossia il bilancio e la situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater del codice civile, soggetti alle formalità tipiche dell’approvazione assembleare” concludendo che “la locuzione “ultimo bilancio” contenuta nell’articolo 172, comma 7, primo periodo, del Tuir, debba essere correttamente intesa quale bilancio relativo all’ultimo esercizio chiuso prima della data di efficacia giuridica della fusione, ancorché non approvato a tale data».

La situazione contabile redatta alla data di efficacia giuridica della fusione, tuttavia, appare un riferimento più coerente con il criterio di omogeneità e dunque più in linea con la ratio del limite patrimoniale, come evidenziato nella Risoluzione 54/E richiamata anche nella Risposta 77/2022.

L’agenzia, invece, mantiene un approccio formalistico e pur valorizzando il criterio di omogeneità tra la data di riferimento del patrimonio netto e la data di riferimento delle perdite, pone il focus sui documenti contabili (bilancio e situazione patrimoniale ex articolo 2501-quater c.c.) espressamente previsti dalla normativa, anche a discapito dell’omogeneità temporale.

Si consideri, inoltre, che la situazione contabile alla data di efficacia giuridica della fusione, pur non essendo un documento obbligatorio ai fini civilistici, è indispensabile ai fini della corretta rilevazione contabile della fusione (cfr. l’OIC 4 paragrafo 4.3.2).

Sul punto anche Assonime, nella circolare del 26 giugno 2023, n. 19, esprime delle perplessità riguardo all’interpretazione dell’agenzia delle Entrate sulle norme fiscali in materia di fusione sostenendo che, seguendo il ragionamento della risposta 77/2022, si verrebbe a creare un ingiustificato contrasto tra fusione retrodatata, dove assume rilevanza il patrimonio risultante dal bilancio antecedente alla data di efficacia giuridica, e fusione non retrodata, nella quale per prassi assume rilevanza il patrimonio netto risultante dalla situazione contabile di chiusura alla data di efficacia della fusione. Se, come sostiene l’agenzia, assumono rilievo unicamente i documenti contabili obbligatori previsti dalle norme civilistiche, prosegue Assonime, anche nella fusione non retrodatata si dovrebbe fare riferimento al patrimonio netto risultante dal bilancio relativo all’esercizio precedente a quello in cui si perfeziona la fusione (o alla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater c.c.).

Questa impostazione sarebbe, tuttavia, poco funzionale rispetto alla ratio del limite patrimoniale e in netto contrasto con il criterio di omogeneità. Sul punto si auspica un intervento chiarificatore dell’agenzia delle Entrate, anche alla luce delle prospettive di riforma contenute nella Legge Delega volte a razionalizzare la disciplina del riporto delle perdite nel contesto delle operazioni straordinarie ( articolo 6, comma 1, lett. e, Legge 111/2023 ).

Fonte: Il Sole 24ORE

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