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Diritti di superficie e usufrutto, cessioni sempre imponibili

Disegno di Bilancio 2024 cambia norme sui diritti reali su beni immobili per soggetti non in regime d'impresa.

Nelle “pieghe” del disegno di legge di Bilancio 2024 c’è una modifica rilevante all’attuale disciplina della costituzione dei diritti reali di godimento su beni immobili da parte di soggetti non in regime d’impresa. Una modifica che ha il “sapore” di una rivincita dell’amministrazione finanziaria sulla giurisprudenza, per gentile concessione del legislatore.

Norme, prassi e giurisprudenza

Nella disciplina attuale la costituzione e il trasferimento dei diritti reali di godimento sono equiparati – ai fini delle imposte sui redditi – alle cessioni a titolo oneroso (comma 5, articolo 9, Tuir). In parziale contraddizione troviamo però, all’articolo 67, comma 1, lettera h), del Tuir una disposizione che individua come “redditi diversi” (e non come plusvalenze da cessione) i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto di beni immobili o di aziende. Con circolare 36/E/2013 l’Agenzia, esaminando il caso in cui un soggetto – al di fuori del reddito d’impresa – cede “a termine” il diritto di superficie su un terreno agricolo (caso frequente nell’ambito della realizzazione degli impianti fotovoltaici) aveva concluso che il relativo reddito non originasse una plusvalenza ma costituisse “reddito diverso” ex articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir, in quanto derivante «dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere».

Il superamento del dettato dell’articolo 9, comma 5, veniva giustificato affermando come tale norma fosse applicabile alle sole fattispecie (inesistenti nella pratica) in cui il diritto di superficie, prima di essere ceduto, fosse stato acquistato a titolo oneroso «in quanto tale» e non nell’ambito del diritto di piena proprietà.

Questa tesi (oltre a contrastare con quanto sino ad allora affermato in dottrina, come dimostra la norma di comportamento Aidc 183/2012) venne ben presto sconfessata dalla giurisprudenza, sia di legittimità (Cassazione, sentenza 15333/2014) sia di merito (tra le altre Ctp Reggio Emilia, decisione 222/2/2017). Ma ha continuato ad alimentare il contenzioso (Cassazione, pronunce 24406/20226622/20222238/202114847/2018) e ciò a dispetto del fatto che la stessa Agenzia avesse fatto esplicita “marcia indietro”: con circolare 6/E/18 aveva riconosciuto come infondata la tesi che distingueva la tassazione in base all’origine del diritto ceduto/costituito, riconducendo tutte le fattispecie a quella della cessione della proprietà.

Il ribaltamento in atto

Il susseguirsi delle pronunce della Suprema corte dimostra come alcuni uffici e l’Avvocatura dello Stato non si fossero “rassegnati” a tale conclusione, che oggi si vuol ribaltare per legge. Si prevede infatti di intervenire:

al citato articolo 9, comma 5, del Tuir, mitigando il principio di equiparazione tra cessione a titolo oneroso e costituzione/trasferimento di diritti reali, applicandolo solo laddove le norme non prevedano diversamente;

introducendo, all’articolo 67, comma 1, lettera h), la previsione per cui determina reddito diverso anche il possesso di redditi «derivanti dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento» su immobili e non la sola concessione dell’usufrutto su immobili e aziende.

Dal testo non emerge alcuna natura interpretativa della disposizione, per cui essa dovrebbe applicarsi agli atti stipulati dal prossimo 1° gennaio.

Ma perché un semplice spostamento della fattispecie nell’ambito dell’articolo 67 Tuir (da plusvalenze ad altre categorie di redditi diversi) dovrebbe peggiorare le cose? Perché l’assimilazione oggi vigente tra cessione a titolo oneroso e costituzione/trasferimento di diritti reali consente di riconoscere a quest’ultima operazione la non imponibilità in tutti i casi in cui ne è prevista l’applicazione alla prima, e precisamente quando oggetto dell’atto sono:

1 terreni non edificabili acquistati da oltre cinque anni o acquisiti per successione;

2 terreni non edificabili e fabbricati acquisiti per donazione, ove ceduti dopo cinque anni dalla data di acquisto del donante;

3 fabbricati ricevuti per successione;

4 fabbricati acquistati/costruiti da oltre cinque anni;

5 unità immobiliari urbane cedute entro i cinque anni ma che per la maggior parte del periodo tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.

Sulle ipotesi 4 e 5 le considerazioni vanno aggiornate, sempre a seguito manovra, per gli immobili oggetto del superbonus (si veda Il Sole 24 Ore del 3 novembre e il servizio a pagina 5 di questo numero).

La “migrazione” della costituzione dei dritti reali di godimento alla lettera h) dell’articolo 67 eliminerebbe tutte queste fattispecie di non imponibilità, assoggettandole all’Irpef ordinaria, senza peraltro rendere possibile l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% di cui all’articolo 1, comma 496, della legge 266/2005.


LE ALTRE CONSEGUENZE

1 – La rideterminazione del costo

Cessando l’assimilazione alle vendite, la costituzione degli altri diritti reali di godimento su aree perderebbe la possibilità di far valere la rideterminazione del costo di acquisto ex articolo 7 della legge 448/2001, nelle sue molteplici riproposizioni (da ultimo con la stessa legge di Bilancio 2024). Una beffa per chi l’ha già realizzata pensando proprio di sterilizzare il reddito in caso di cessione/costituzione di un diritto reale di godimento (usufrutto compreso: circolare 81/E/2002, anche se, in senso contrario, risposta 381/2023).

2 – Piena proprietà e proporzioni
I redditi diversi individuati alla lettera h) dell’articolo 67 del Tuir sono determinati (ex articolo 71, comma 2) alla stregua delle plusvalenze nel reddito d’impresa, ossia come differenza tra il corrispettivo e la somma di costo e oneri accessori. Dovrebbe essere confermato che nel diritto di superficie “insito” nel diritto di proprietà al tempo acquisito il costo è determinato in misura proporzionale al rapporto tra diritto reale e piena proprietà al momento della cessione (circolare 6/E/2018 e risoluzione n. 379/E/2008).

Fonte: Il Sole 24Ore

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