Senza un conto corrente unico e regole certe e scritte su trasferimenti di risorse e pagamenti il contratto di cash pooling non può essere invocato per dare giustificazione economica ad operazioni distrattive commesse prima della dichiarazione di fallimento. Sceglie la linea dura la Cassazione nella complessa sentenza 39139/2023, che si occupa anche di una questione posta dalla difesa di una società fallita che giustificava operazioni tra fallita e società capogruppo, ritenute rilevanti per la contestazione di bancarotta, nell’ambito di dinamiche di cash pooling e lamentava che il giudice aveva ravvisato la distrazione solo perché il gruppo societario non aveva un conto corrente comune.
Il cash pooling, contratto atipico, che viene stipulato autonomamente da tutte le consociate di un gruppo (cosiddette partecipants, con una stessa società, denominato società pooler e generalmente individuato nella holding o nella finanziaria del gruppo), ha per oggetto la gestione di un conto corrente “accentrato” sul quale vengono riversati i saldi dei conti correnti periferici di ciascuna consociata.
L’accordo trova causa non solo nella gestione dei rapporti che potranno sorgere tra le parti in virtù di altri atti giuridici, ma anche nella gestione della tesoreria, secondo modalità tali da compensare, sebbene temporaneamente, le carenze di liquidità di taluni partecipanti con le disponibilità degli altri, al fine di evitare o ridurre il ricorso all’indebitamento bancario.
I pagamenti in favore della controllante non configurano il reato di bancarotta e possono eventualmente essere ricondotti all’operatività del cash pooling solo se tale contratto di conto corrente intersocietario è stato formalizzato, con puntuale regolamentazione dei rapporti giuridici ed economici interni al gruppo.
La garanzia di trasparenza che già gli obblighi contabili assicurano ai creditori in caso di dissesto non può essere vanificata da trasferimenti interni di risorse non giustificabili in base a regole certe, predeterminate e conoscibili.
Poiché con il cash pooling si verifica, sia pure con effetto collaterale, un’operazione di finanziamento in favore della società del gruppo, offrendone le eventuali passività di conto per effetto della gestione accentrata delle liquidità del gruppo, secondo la Cassazione, è necessario che le società interessate deliberino il contenuto dell’accordo nei rispettivi consigli di amministrazione, definendone oggetto, durata, limiti di indebitamento, aliquote relative ad interessi attivi e passivi e commissioni applicabili. Esigenze di certezza dei rapporti giuridici impongono poi la comunicazione ai soci, ai creditori e ai terzi e richiedono la trasparente trasfusione nelle scritture contabili dell’esistenza di una tesoreria accentrata.
Fonte: Il Sole 24Ore