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Amministratore di fatto, no sanzioni senza la prova dei vantaggi economici

Senza prove di natura fittizia o beneficiario specifico, le sanzioni tributarie colpiscono solo l'ente, non l'amministratore di fatto.

In assenza di prove in merito alla natura fittizia della società di capitali e alla circostanza che un soggetto persona fisica sia stato il beneficiario esclusivo delle presunte violazioni tributarie commesse dalla società, le sanzioni amministrative per tali violazioni possono essere legittimamente irrogate solo in capo all’ente giuridico e non anche al presunto amministratore di fatto. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Corte di giustizia tributaria della Lombardia con la sentenza n. 411/11/2023 del 3 febbraio scorso (presidente Bonomi, relatore De Rentiis).

In esito ad una verifica fiscale era emerso che una società cooperativa a responsabilità limitata aveva emesso, nel corso degli anni di imposta 2016, 2017 e 2018, fatture asseritamente false nei confronti di un consorzio e utilizzato in compensazione crediti presuntivamente inesistenti per complessivi 17 milioni di euro circa.

Tuttavia, per queste violazioni, l’ufficio delle Entrate, oltre a notificare i relativi avvisi di accertamento e atti di recupero alla cooperativa, aveva notificato atti di contestazione sanzioni anche all’ex liquidatore del consorzio, nella sua asserita qualità di amministratore di fatto della società cooperativa.

Il presunto amministratore di fatto aveva impugnato gli atti di contestazione dinanzi al giudice tributario di primo grado, eccependone l’illegittimità per assenza assoluta di riscontri probatori che attestassero la propria qualifica di amministratore di fatto, nonché per violazione dell’articolo 7 del Dl n. 269/2003 e del principio di irrogazione esclusiva delle sanzioni in capo alle persone giuridiche.

La corte tributaria di primo grado di Bergamo, tuttavia, non aveva accolto il ricorso, ma aveva confermato la pretesa erariale con una sentenza che poi è stata impugnata dinanzi alla Corte di secondo grado della Lombardia per erronea motivazione in merito all’asserito status di amministratore di fatto dell’appellante e per violazione del principio di irrogazione esclusiva delle sanzioni in capo alle persone giuridiche.

In pratica, nell’accogliere l’appello e nel dichiarare, dunque, l’illegittimità degli atti di contestazione sanzioni, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, con la sentenza in commento il collegio lombardo ha precisato innanzitutto che le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società ed enti in genere con personalità giuridica sono comminabili esclusivamente in capo alla persona giuridica, anche quando quest’ultima sia gestita da un amministratore di fatto, a meno che tale società non sia stata artificiosamente costituita a beneficio esclusivo di chi la amministrava (articolo 7, Dl n. 269/2003).

Ciò premesso, secondo i giudici lombardi, la contestazione delle sanzioni non è legittima per i seguenti motivi:

non è emerso – neppure dalle risultanze dell’indagine penale – che l’appellante abbia in modo continuativo e significativo esercitato i poteri tipici di un amministratore di fatto;

non è stato in alcun modo né individuato né quantificato l’asserito vantaggio economico che avrebbe conseguito il medesimo appellante a fronte dei quasi 17 milioni di euro evasi dal 2016 al 2018 da parte della cooperativa.

Fonte: Il Sole 24Ore

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