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Transfer pricing, stop alle sanzioni nel contesto della procedura Map

La Corte tributaria della Lombardia (sentenza 801/22/23) ha esaminato la disapplicazione di sanzioni in una controversia di transfer pricing.

La Corte di giustizia tributaria della Lombardia, con la sentenza n. 801/22/23 (presidente e relatore Guicciardi) è stata chiamata a decidere sulla disapplicazione delle sanzioni amministrative su una contestazione di transfer pricing. La peculiarità deriva dal fatto che la rettifica subita dalla società (per i periodi dal 2008 al 2012) era stata poi decisa in sede di procedura amichevole (Map).

Il giudizio era continuato sulle sanzioni e il contribuente aveva eccepito la presenza di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria ex articolo 10 dello Statuto del contribuente («Tutela dell’affidamento e buona fede. Errori del contribuente»). Per i giudici le obiettive condizioni di incertezza, tali da determinare l’illegittimità della sanzione, sussistono quando la disposizione applicabile al caso di specie non risulti intelligibile nel suo contenuto ovvero nella sua estensione applicativa, con conseguente difficoltà di comprenderne il precetto e, in ultima analisi, di farne corretta applicazione.

Le norme in tema di transfer pricing sono suscettibili di plurime interpretazioni – tutte astrattamente corrette e valide – le quali, tuttavia, possono portare a risultati anche tra loro contrastanti e incompatibili. La circostanza che la pretesa stessa fosse stata sensibilmente ridotta con la Map (50% circa della pretesa originaria) è la dimostrazione di tale aspetto. Inoltre il contribuente aveva prestato piena collaborazione e fornito le informazioni richieste e ciò, secondo i giudici, giustificava la disapplicazione delle sanzioni. Peraltro, l’assenza solitamente di una motivazione tecnica nelle comunicazioni degli esiti delle Map – seppur non menzionata nella sentenza – potrebbe avere inciso sulla pronuncia.

La sentenza si pone in continuità con la giurisprudenza di merito (ad esempio Ctp Milano n. 1768/12/2022) che già in passato aveva disapplicato le sanzioni in presenza di una rettifica di transfer pricing «acclarati affidamento e buona fede della ricorrente», in presenza di una procedura internazionale il cui esito non era stato accettato dal contribuente e che aveva portato i giudici di primo grado a decidere nel merito conformandosi a quanto concordato tra le autorità competenti.

Il principio dell’affidamento e buona fede ha portato i giudici a ritenere infondate anche nel merito le rettifiche di transfer pricing, soprattutto quando l’approccio seguito dall’amministrazione si poneva in contrasto con quanto effettuato in periodi di imposta precedenti. Sul punto la Cgt di secondo grado Lombardia (sentenza n. 1694/11/2023) ha affermato che «appare … contraddittorio l’operato dell’ufficio che, se per il 2015 ha scelto di valutare complessivamente le operazioni, in altre annualità si è comportato diversamente…» e ciò rischia di «creare falsi affidamenti nel contribuente». Pertanto l’avviso era stato ritenuto illegittimo.

Anche i giudici di primo grado hanno varie volte affermato che «in assenza di fatti nuovi, non si ritiene legittimo il mutamento di orientamento da parte dell’amministrazione finanziaria» (ad esempio, Cgt di Bergamo n. 29/1/2023).

La coerenza nell’approccio di transfer pricing diventa un elemento di affidamento nei confronti del contribuente il cui mancato rispetto determina l’infondatezza della pretesa.

Fonte: Il Sole 24Ore

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