L’inquadramento dei pagamenti connessi all’utilizzo del software appare controverso laddove si rischia di catalogare come canoni (soggetti a ritenuta) anche i pagamenti per l’acquisto di software destinato alla mera rivendita. Così Assonime nella circolare n. 27 di ieri che fa il punto sul principio di diritto n. 5/23.
A livello interno è stabilita sui pagamenti per royalties una ritenuta del 30% che può essere ridotta poi in via convenzionale (di solito fra il 4% e il 10%), generandosi comunque una tassazione concorrente del Paese della fonte (l’Italia). In questo quadro il recente principio di diritto n. 5 ha destato alcune perplessità fra le imprese perché sembra favorire una visione che abbraccia come pagamento di royalties anche gli acquisti effettuati con finalità di rivendita, per mera distribuzione. In realtà la ris. 169/97 escludeva dal novero dell’art. 12 del modello OCSE (e quindi da ritenuta) il software acquisito per mero utilizzo personale e commerciale. Ma la successiva ris. 128/E/08 andava a considerare come canone dell’art. 12 citato anche l’ipotesi di mera distribuzione, che rientrerebbe invece fra gli utili dell’art. 7 del modello OCSE (senza ritenuta). Ciò nonostante il fatto che il 17 luglio 2008 il commentario all’articolo 12 venne modificato introducendo il paragrafo 14.4 per stabilire che gli acquisti di software destinati alla rivendita siano configurabili come business income dell’articolo 7 (no ritenuta). Anche la recente risposta n. 361/23 ripercorre i precedenti di prassi ma non si sofferma sulle novità del paragrafo 14.4 del 2008.
Secondo l’Associazione dovrebbe essere chiaro che l’acquisto di software per mera rivendita costituisca utile e non royalty. Dovrebbero aiutare anche l’impostazione contabile, per cui nei bilanci IAS (ma ormai anche negli OIC con il nuovo principio 34) l’intermediario iscrive a conto economico la sola commissione. La Giurisprudenza di merito (CTR Lombardia n. 60/17) ha confermato tale tesi mentre per la Cassazione (ord. 11865/18) va fatta un’analisi caso per caso. La tematica vale anche al rovescio laddove il paese estero alla fonte preveda una ritenuta in uscita e l’Italia consideri il pagamento come business profit ex art. 7, perché in tal caso potrebbe non spettare il credito d’imposta estero (circ. 9/E/15) e l’unica strada sarebbe la richiesta di rimborso presso lo Stato estero come primo passo di una procedura amichevole. Vista la delicatezza delle tematiche Assonime auspica un intervento chiarificatore ad ampio raggio dell’Agenzia.
Fonte: Il Sole 24Ore