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Imposte sui redditi dimezzate e via l’Irap per le imprese che riportano l’attività in Italia

Nel consiglio dei ministri di lunedì, il decreto legislativo riguarderà sia la Global Minimum Tax che l'avvio della riforma dell'Irpef.

Non punterà solo all’introduzione della Global Minimum Tax il decreto legislativo atteso al consiglio dei ministri di lunedì insieme al provvedimento con l’avvio della riforma Irpef. «Nei provvedimenti che stiamo varando vogliamo disegnare un nuovo sistema di fiscalità internazionale che è fondamentale – ha spiegato il viceministro all’Economia Maurizio Leo ieri in un convegno organizzato dall’Università di Roma 3 -con l’obiettivo di fare ordine e dare regole certe».

I testi sono ancora in lavorazione al dipartimento Finanze, ma nella griglia del decreto si sta facendo largo la norma sul «reshoring», cioè il pacchetto degli incentivi fiscali per spingere le imprese a riportare le attività in Italia. L’impianto in via di definizione si fonda su un dimezzamento dell’imponibile su cui si calcola l’Ires (o l’Irpef, a seconda dei casi), accompagnato da un’esenzione dall’Irap. Misure ovviamente temporanee, che nelle ipotesi allo studio in queste ore dovrebbero estendersi su un arco di cinque anni. In questo caso si tratterebbe di una replica speculare del vecchio «periodo di sorveglianza», ora raddoppiato a 10 anni dal Dl 104/2023, sulle grandi imprese che dopo aver ricevuto aiuti di Stato non possono delocalizzare gli impianti se non vogliono trovarsi costrette a restituire l’incentivo.

Al momento l’architettura finale degli sconti e della loro durata resta subordinata alla soluzione delle tante incognite legate a un quadro delle coperture che fatica a comporsi in via definitiva. L’obiettivo però è chiaro, e punta a tradurre l’applicazione dei principi generali sulla fiscalità internazionale indicati dall’articolo 3 della delega in una serie di interventi per migliorare la competitività del nostro fisco sul piano internazionale.

Allo stesso obiettivo rispondono le norme in costruzione per fissare regole più lineari sulla definizione della residenza fiscale dei contribuenti che operano sia in Italia sia all’estero. La questione riguarda sia le persone fisiche sia le imprese; per le prime si fonda sul principio della prevalenza, che lega la residenza fiscale al luogo dove si trascorre più di metà dell’anno, ma si complica inevitabilmente nel caso delle attività economiche. Nel nome della certezza del diritto, i tecnici puntano a sostituire il criterio attuale, basato sulla sede dell’amministrazione, con un nuovo parametro legato alla sede di «direzione effettiva» e della «gestione ordinaria». Sarebbe poi eliminato il riferimento al criterio dell’«oggetto principale» dell’attività economica. In pratica, una multinazionale con sede altrove ma direzione effettiva e attività effettiva in Italia pagherà le tasse nel nostro Paese.

Sul lato delle entrate spingerà invece la Minimum Global Tax, nel testo finale dopo le bozze messe in consultazione nelle scorse settimane. Il gettito dell’imposta figlia degli accordi internazionali per contrastare le strategie elusive delle multinazionali darà una mano ai saldi della manovra. Ma sull’entità dell’aiuto quantificabile, intorno ai 2 miliardi su più anni secondo le stime non ufficiali circolate fin qui, le bocche al ministero dell’Economia restano per ora cucite.

Fonte: Il Sole 24Ore

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