L’emissione della fattura oltre i termini di legge (in linea generale: 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione per la fattura immediata e il giorno 15 del mese successivo a quello d’effettuazione per le differite) è una violazione che si verifica più frequentemente di quanto s’immagini. Tipicamente, è dato riscontrarla per i soggetti di minori dimensioni e meno strutturati (sono interessati anche i soggetti in regime forfettario), ma può riguardare anche operatori organizzati, magari a causa di momentanei malfunzionamenti o inefficienze dei flussi informativi fra funzioni aziendali (magazzino, tesoreria, addetti al ciclo attivo). In ogni caso, si tratta di questione che riguarda sia chi emette fattura elettronica sia chi è ancora legittimato alla fattura cartacea. Inoltre, con le dovute differenze, anche la tardività della trasmissione dei dati dei corrispettivi telematici può determinare potenziali, rilevanti, conseguenze punitive (sul tema, si ricorda anche quanto previsto dal decreto energia).
Fermando l’attenzione sull’emissione “fuori tempo” della fattura, si osserva che la violazione può presentare natura formale o sostanziale.
Violazione sostanziale
La violazione è sostanziale quando essa incide sulla liquidazione dell’imposta. Si pensi al corrispettivo di una prestazione di servizi, resa da un soggetto “mensile”, incassato il 20 settembre e per il quale si emetta fattura il 31 ottobre, in ritardo, quindi, anche qualora ricorrano le condizioni per il differimento di cui all’articolo 21, comma 4, lettera a), Dpr 633/72. L’Iva doveva confluire nella liquidazione relativa a settembre, ma sarà computata – in ritardo – nella liquidazione di ottobre (16 novembre). Opera dunque il primo periodo dell’articolo 6, comma 1, Dlgs 471/97 e si rende dovuta la sanzione proporzionale dal 90% al 180% dell’imposta relativa all’operazione tardivamente documentata. Siccome in queste circostanze è applicabile il comma 4 del medesimo articolo 6, il quale dispone l’applicazione di una sanzione minima di 500 euro, è evidente che possono darsi casi in cui la penalità risulta evidentemente sproporzionata. Se la violazione concerne una fattura con un imponibile di 20 euro e 4,4 euro d’imposta (aliquota 22 per cento), la sanzione sarà comunque di 500 euro (i decreti delegati per la riforma del sistema tributario dovrebbero intervenire anche su tali aspetti), ferme la riduzione al terzo (articolo 16, Dlgs 472/97) e la possibilità di ravvedere l’inadempimento.
La violazione, secondo le Entrate, può inoltre rilevare in punto di tardività del versamento periodico, punita con la sanzione di cui all’articolo 13, Dlgs 471/97 e, a seconda dei casi, sull’obbligo della comunicazione periodica delle liquidazioni (Lipe). Senza contare che il ritardo potrebbe essere tale da configurare anche un’infedeltà dichiarativa.
Violazione formale
Effetti meno rilevanti si hanno quando il ritardo non influisce sulla corretta liquidazione del tributo che, indipendentemente dalla violazione, entra nella liquidazione periodica “giusta” (circostanza di regola configurabile in relazione alle fatture immediate, dato che una differita tardiva generalmente incide sulla corretta liquidazione).
In questi casi, pur non trattandosi di violazione meramente formale (non sanzionabile), si rende applicabile la pena pecuniaria dell’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 6, Dlgs 471/97 (risposta a interpello 528/2019): da 250 a 2 mila euro (non opera il minimo dei 500 euro del comma 4 della norma). È la stessa sanzione che si applica quando la violazione degli obblighi di fatturazione/registrazione riguarda un’operazione senz’applicazione dell’imposta che non rilevi neppure ai fini della determinazione del reddito (articolo 6, comma 2, ultimo periodo, Dlgs 471/97).
Anche per le fatture tardive senza effetti sul tributo è possibile ricorrere al ravvedimento operoso, considerando che l’istituto va azionato per ogni singola violazione senza possibilità di auto-applicazione del cumulo/continuazione (prerogativa dell’ufficio fiscale), con conseguente opportunità di effettuare qualche calcolo di convenienza soprattutto in presenza di plurimi inadempimenti.
Per le violazioni senza incidenza sull’imposta commesse in passato, ossia fino al 31 ottobre 2022, è ancora possibile ricorrere alla sanatoria degli errori formali ai sensi della legge 197/2022 (200 euro per tutte le violazioni di ogni singolo periodo d’imposta) con pagamento entro il 31 ottobre prossimo o in due rate (31 ottobre 2023 e 31 marzo 2024). Posto che l’adempimento è stato eseguito anche se tardivamente, non occorrerà rimuovere l’irregolarità.
Fonte: Il Sole 24Ore