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Avvocati, Gestione separata Inps senza “franchigia”

La Corte di cassazione ha chiarito alcuni aspetti sul riconoscimento dell’obbligo contributivo nei confronti dell’Istituto di previdenza.

Quando ne ricorrono i presupposti, gli avvocati hanno l’obbligo di contribuzione alla Gestione separata per l’intero ammontare del reddito prodotto, senza che sia possibile enucleare “zone di franchigia” entro il limite dei 5.000,00 euro. Tale obbligo contributivo, dunque, “o sussiste – e sussiste in relazione a tutto il reddito conseguito – o non sussiste”. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27531 depositata oggi, che ha accolto, parzialmente e con rinvio, il ricorso di un legale affermando che la Corte d’appello di Campobasso non aveva vagliato le contestazioni del professionista in ordine al requisito dell’abitualità, sul presupposto che fossero radicalmente nuove e implicassero un surrettizio ampliamento dell’oggetto del contendere, un’indebita mutatio libelli.

Un ragionamento errato. La IV Sezione civile ha infatti chiarito che le contestazioni del requisito dell’abitualità e la speculare allegazione dell’occasionalità integrano mere difese, e non già eccezioni in senso stretto, e dunque non sono soggette alle preclusioni che la pronuncia impugnata ha ritenuto d’insuperabile ostacolo alla delibazione del merito.

La Suprema corte ricorda poi che il versamento del contributo integrativo, “contraddistinto da un carattere meramente solidaristico”, non elide l’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata dell’INPS, allorché si riscontrino tutti gli altri presupposti di legge.

Secondo i giudici deve ritenersi consolidato l’indirizzo che correla l’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata alla percezione d’un reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di un’attività professionale (obbligo che viene meno se il reddito è integralmente oggetto dell’obbligo assicurativo presso la Cassa di riferimento).

Ai fini dell’iscrizione, però, rileva anche un’attività occasionale, ove il reddito superi la soglia di 5mila euro (art. 44, comma 2, del d.l. n. 269 del 2003). Infatti, il superamento della soglia determina comunque la sottoposizione dell’attività, anche a non volerla reputare abituale, all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata.

Come detto, invece, non hanno alcun appiglio normativo “soluzioni mediane, che postulino una esenzione assoluta entro i 5.000,00 Euro e smembrino il reddito, quando ecceda tale soglia, in una frazione esente dall’obbligo contributivo, fino al predetto limite, e in una componente che a tale obbligo, solo per l’eccedenza, soggiace”.

Il requisito dell’abitualità, spiega ancora la decisione, dev’essere apprezzato nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista e non invece come conseguenza ex post, desumibile dall’ammontare del reddito prodotto. “Una diversa interpretazione del dato normativo – prosegue – si risolverebbe nell’ancorare l’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata alla produzione d’un reddito superiore alla soglia di cui al citato art. 44 del d.l. n. 269 del 2003, «presupposto che, invece, come detto, rileva ai fini dell’assoggettamento a contribuzione di attività libero-professionali svolte in forma occasionale».

Per accertare l’abitualità l’Inps può valorizzare le presunzioni ricavabili dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita Iva o dall’organizzazione predisposta dal professionista. Mentre la percezione d’un reddito sotto soglia può fungere da indizio contrario. Ma non si può comunque affermare che l’esiguità del reddito denoti di per sé l’occasionalità dell’attività professionale. Spetta infatti sempre al giudice di merito «accertare in fatto se un’attività professionale debba ritenersi abituale anche in presenza di un reddito inferiore al limite di legge (5.000 euro)».

Fonte: Il Sole 24Ore

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