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Ridotta la sanzione per adempimenti errati: non c’è danno erariale

Gli atti amministrativi non devono andare oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato.

Il principio di proporzionalità esige che gli atti amministrativi non debbono andare oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato e, qualora si presenti una scelta tra più opzioni, la pubblica amministrazione deve ricorrere a quella meno restrittiva. Lo ha ricordato la Cgt Pescara nella sentenza n. 470/2/2023 (presidente Perla, relatore Capolupo).

Nell’ambito di un’operazione di cessione di ramo di azienda la società cessionaria (costituita nel corso del 2014) subentrava (a partire dal 1° marzo 2015) in tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società cedente, tra le quali anche la vendita di energia elettrica. A seguito di una verifica, le Dogane riscontravano l’errata compilazione della dichiarazione di consumo presentata dalla società cedente per l’anno 2015, con conseguente errata determinazione dell’accisa a debito dovuta a conguaglio per la medesima annualità e delle rate di acconto dovute per il 2016 e applicazione delle relative sanzioni.

La società presentava ricorso contro l’atto di contestazione notificato dalle Dogane e ne chiedeva l’annullamento in considerazione della corretta compilazione della dichiarazione di consumo e dei conseguenti versamenti di accisa e dell’inapplicabilità delle sanzioni per omesso/ritardato versamento delle accise.

Nell’accogliere parzialmente il ricorso, il collegio ha osservato che, nel caso in esame, non è possibile individuare alcun danno erariale, in quanto le violazioni contestate hanno riguardato comportamenti non finalizzati a un’evasione d’imposta bensì meri adempimenti che, nel caso specifico, sono stati effettuati, ancorché in modo errato. Pertanto, in assenza di evasione d’imposta, nel rispetto del generale principio di proporzionalità delle sanzioni rispetto alla gravità dell’illecito (ex articolo 7, Dlgs 472/97), la Corte ha riconosciuto la necessità di ridurre la sanzione accertata nella misura del 50% rispetto all’importo accertato (si veda la sentenza n. 1130 del 14-22 dicembre 1988 della Corte costituzionale).

Nel motivare la propria decisione, il collegio ha ricordato che, in ambito tributario, come riconosciuto in diverse occasioni dalla Corte di giustizia europea (tra le tante, causa C -286/94, C-271/06C-712/17 e C-482/18), il livello delle sanzioni applicabili deve essere determinato attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell’illecito, evitando che gli atti amministrativi vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (in senso conforme si vedano le sentenze n. 112/2019 e n. 161 del 2018 della Corte costituzionale), in modo tale da raggiungere un rapporto di congruità tra la gravità dell’illecito commesso e la corrispondente sanzione.

Fonte: Il Sole 24Ore

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