Un primo passo verso il pieno e libero accesso agli incentivi pubblici garantito ai professionisti. A compierlo è il disegno di legge di revisione degli incentivi (AC 1406), appena approvato dal Senato e ora alla Camera.
Si tratta di una legge delega che vuole mettere ordine e razionalizzare il sistema degli incentivi alle imprese italiane. Ma che contiene tra i suoi principi guida anche una norma (fortemente voluta dal sottosegretario per le Imprese e il Made in Italy Massimo Bitonci) che potrebbe aprire ai professionisti nuovi sostegni. In fase di attuazione, infatti, la riforma degli incentivi dovrà garantire il principio secondo cui «la qualificazione di professionista non osta alla possibilità di usufruire di specifiche misure incentivanti ove ne ricorrano i presupposti e ove previsto».
Da un lato si chiarisce che i professionisti non possono essere esclusi da qualsiasi forma di incentivo, dall’altro, però, si aggiunge che l’accesso non sarà sempre garantito, ma, al contrario, limitato a non meglio specificati «presupposti» e, con una formula ancora più generica, «ove previsto».
Tutto sta quindi a capire se i decreti di attuazione della legge amplieranno o restringeranno nei fatti questo accesso. È già preoccupato il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella: «È importante – dice – che sia stata aperta una strada, ma questa formula generica va corretta: i professionisti devono essere sempre ammessi in automatico». E per Stella questo si può fare senza nuovi stanziamenti: «Le risorse attuali vanno ripartite tra imprese e autonomi, anche con plafond per categoria».
In linea di principio, la discriminazione tra professionisti e imprese sui fondi pubblici sarebbe già superata da tempo, almeno da quando nel lontano 2003 la Commissione Ue ha classificato come «impresa» qualsiasi entità che svolge un’attività economica a prescindere da forma e organizzazione». Principio recepito dalla legge di bilancio del 2013, almeno per l’accesso ai fondi europei.
Gli incentivi preclusi
Ma nella pratica non è ancora così. Spesso gli incentivi sono riservati a chi è iscritto al Registro imprese, cosa che nel mondo delle professioni è possibile solo per le società di capitali e le Stp. E così l’elenco delle esclusioni è lungo. L’ultimo esempio è il tax credit bollette, il credito di imposta per combattere i rincari di gas e luce, nato sotto il Governo Draghi. Ma l’esclusione vale anche per un altro credito di imposta: quello per la formazione 4.0, nato per sostenere la digitalizzazione, anche potenziando le competenze del personale. Una misura che solo nel 2021 valeva 113 milioni secondo la Relazione del Mimit sugli incentivi. Nessun accesso anche ai fondi della digital transformation: altri contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per sostenere la trasformazione tecnologica legata a Industria 4.0. E a quelli di Smart & Start Italia, sempre per nuove tecnologie. No anche alla Nuova Sabatini, misura che finanzia l’acquisto o il leasing di beni strumentali, che il Governo punta a sostenere in manovra con un ulteriore stanziamento di oltre 300 milioni, attingendo anche ai fondi Ue.
I sostegni ammessi
Una prima, timida, apertura ai professionisti, si è avuta in pandemia con i bonus da 600-1.000 euro (e quelli successivi fino a 350 euro) erogati a circa mezzo milione di soggetti. Un altro segnale positivo è quello del voucher connettività esteso alle partite Iva. Mentre all’orizzonte c’è la tanto attesa neutralità fiscale delle aggregazioni: i decreti attuativi della delega fiscale, infatti, dovrebbero indicare come, al pari delle imprese, anche per i professionisti si eviterà di tassare i conferimenti nei passaggi verso le società di capitali.
Fonte: Il Sole 24Ore