Cerca
Close this search box.

Locazioni commerciali, adeguamento Istat solo su richiesta e se presente nel contratto

La scadenza annua dei contratti di locazione fa scattare, ove previsto, il meccanismo di adeguamento Istat dei canoni pattuiti.

In un contesto di elevata inflazione come quello attuale la scadenza annua dei contratti di locazione rappresenta un appuntamento particolarmente importante in quanto fa scattare, ove previsto, il meccanismo di adeguamento Istat dei canoni pattuiti.
Per i contratti ad uso commerciale, disciplinati dagli articoli 2742 della legge 392/1978, la rivalutazione Istat si può applicare nella misura massima del 75% in base alla previsione di cui all’articolo 32; è infatti nulla la clausola contrattuale che prevede l’adeguamento al 100% (Cassazione ordinanza 4656 del 2015).

Non sono soggette a tale regola e possono quindi applicare anche l’adeguamento Istat nella misura del 100% le seguenti tipologie di contratti:
a) i contratti che hanno una durata superiore a quella minima (6+6) prevista dall’articolo 27, ad esempio un contratto di durata 8+6;
b) le cosiddette “grandi locazioni”, ovvero i contratti a canone annuo superiore a 250mila euro introdotti dall’articolo 18, Dl 133/2014.

Adeguamento su richiesta

In base alla formulazione del citato articolo 32, l’adeguamento Istat deve essere espressamente previsto nel contratto e deve essere richiesto di volta in volta dal locatore, essendo peraltro nulla (ex articolo 79) l’eventuale clausola che preveda l’aggiornamento annuale automatico del canone, ovvero senza che occorra specifica richiesta da parte del locatore.

A tale proposito, in assenza di una prescrizione normativa che preveda una forma particolare si ritiene che tale richiesta possa essere validamente formulata non solo verbalmente, ma anche implicitamente per facta concludentia (Cassazione, sezione III, 21 settembre 2012, n. 16068). È per esempio valida a tal fine la semplice fattura, inviata con canone aggiornato al conduttore e da quest’ultimo regolarmente pagata.

Al proprietario che si è dimenticato di chiedere l’aggiornamento, seppure sia preclusa la possibilità di richiedere gli arretrati (Cassazione, sentenze 11675/2014 e 14673/2003) resta comunque la possibilità di rimediare, almeno per il futuro.

Il calcolo

Per fare un esempio di calcolo, consideriamo un contratto con scadenza 31 luglio e canone annuo di 12mila euro, con una percentuale di rivalutazione del 75%. L’indice Istat di luglio 2023 registra un incremento annuale di 5,7%, di cui il 75% è 4,275%: l’importo della rivalutazione annuale è di 513 euro e, quindi, il canone mensile che il conduttore dovrà corrispondere aumenta a euro 1.042,75.

L’aggiornamento del canone, che avrà effetti a partire dal mese successivo alla richiesta, deve infatti essere calcolato «con il criterio della variazione assoluta del canone iniziale dall’inizio del contratto fino alla data della richiesta» (Cassazione, sentenza 15034 del 2004). In pratica un proprietario che, ad esempio, per il 2021 e il 2022 non ha inviato la sua richiesta di adeguamento può farlo adesso pretendendo, a partire da ottobre, un affitto rivisto sulla base dell’aumento che si è registrato dal 2021 ad oggi; quello che non può pretendere, invece, è il pagamento degli arretrati.

L’imposta di registro

È bene ricordare, ai fini del pagamento dell’imposta di registro che, nel caso di versamento annuale, se il contratto prevede un adeguamento Istat, l’imposta deve essere ricalcolata tenendo conto del canone aggiornato. Viceversa, nel caso di pagamento in un’unica soluzione, e solo in questo caso, non si tiene conto della rivalutazione annuale.

In dichiarazione

Se il proprietario dell’immobile locato è persona fisica, i dati relativi ai redditi da locazione presenti nella dichiarazione precompilata recano l’importo del canone annuo risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’anno precedente; pertanto, nel caso in cui il canone di locazione annuo dovesse essere aumentato per via dell’adeguamento Istat, è necessario modificare la precompilata aggiornando l’importo.

Si ricorda infine che in base all’articolo 1, comma 59 della legge 145/2018 è stato possibile da parte delle persone fisiche, per il solo anno 2019, optare per il regime della cedolare secca al 21% in riferimento ai nuovi contratti di locazione commerciale di unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1 di superficie fino a 600 mq. La cedolare secca continua ad applicarsi in questo caso per la durata del contratto ma, come per gli immobili abitativi, il locatore non può applicare l’adeguamento Istat.

Fonte: Il Sole24Ore

Condividi questo articolo

Notizie correlate

Desideri maggiori informazioni su bandi, finanziamenti e incentivi per la tua attività?

Parla con un esperto LHEVO

business accelerator