Dal ricevimento della nota di credito Iva decorre il termine entro il quale il cessionario/committente deve rettificare, in diminuzione, il credito nei confronti dell’Erario. Tra i chiarimenti delle Entrate nella sessione speciale di Telefisco, una puntualizzazione riguarda ancora le note di variazione.
La norma è relativamente giovane in quanto l’articolo 26 della legge Iva è stato interamente riscritto dal Dl 73/2021, anche se ha lasciato gli elementi più rilevanti in senso negativo, come quello di chiamare la variazione in diminuzione «detrazione ai sensi dell’articolo 19». Il termine era nato cinquant’anni fa quando le calcolatrici elettroniche avevano costi proibitivi ed era sembrato più semplice far sommare le note credito nel registro degli acquisti. Ma già con la prima dichiarazione annuale era richiesto che i documenti a credito uscissero dal registro acquisti per essere sottratti da quello relativo alle operazioni attive.
Il tema delle note di variazione in diminuzione è stato spesso oggetto di attenzione da parte dell’Amministrazione finanziaria, che il più delle volte si è focalizzata su problematiche legate all’emittente, alle cause che consentono l’esercizio della facoltà di emissione di credito nonché ai termini entro cui poter procedere.
Proprio con riguardo ai termini, un’incertezza viene riscontrata dagli operatori destinatari della nota di credito. Nello specifico, ci si interroga sul dies a quo per rettificare nei registri il credito Iva precedentemente detratto. Lato attivo, infatti, non ci sono dubbi.
La circolare 1/E/2018 ribadisce che la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa (e la maggiore imposta a suo tempo versata può essere detratta), al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione. Sicché, il dies a quo entro il quale il cedente/prestatore può rettificare il suo debito Iva in diminuzione è fissato alla data in cui si verifica la causa che fa venir meno (in tutto o in parte) l’operazione originaria. Sul piano passivo, ovvero sul piano del destinatario che riceve la nota ed è obbligato a rettificare (in tutto o in parte) la detrazione in precedenza operata, sembra mancare un’indicazione espressa.
In risposta ai quesiti, le Entrate fanno pertanto osservare che la rettifica in diminuzione rappresenta una mera facoltà attribuita al cedente/prestatore. Questi, infatti, è titolare di un diritto potestativo che può essere esercitato o meno (in contrasto con l’articolo 80 della direttiva e le regole di indetraibilità dell’Iva non dovuta).
Dal canto suo, il cessionario/committente non ha scelta. Una volta che il fornitore emette la nota di credito nel sistema di interscambio delle fatture elettroniche, il cliente ha l’obbligo di darne rilievo. La fatturazione elettronica elimina il rischio che il cliente faccia finta di non aver ricevuto la nota di credito, che lo rende debitore dell’imposta. Dal punto di vista operativo, secondo le Entrate, quest’ultimo può annotarla in diminuzione nel registro degli acquisti (articolo 25 del Dpr 633/1972) ovvero, in alternativa, in aumento nel registro delle fatture emesse (articolo 23 del Dpr 633/1972), al fine di far emergere l’Iva a debito. In ogni caso, il termine per l’annotazione della nota decorre dalla data di ricevimento della stessa e scade il giorno 15 del mese successivo.
Fonte: Il Sole 24 Ore