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Incorporante, ok al riporto delle perdite

Nelle fusioni, la volontà di usare solo le posizioni fiscali pregresse può portare alla disapplicazione dell’articolo 172, comma 7, del Tui.
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Nelle fusioni, la volontà dell’incorporante di usare solo le proprie posizioni fiscali pregresse, tralasciando le posizioni fiscali dell’incorporata, può legittimare – tramite interpello – la disapplicazione dell’articolo 172, comma 7, del Tuir: è quanto confermato dalla Dre Puglia nella risposta 917-697/2022, in riforma di una precedente risposta negativa.

L’incorporante chiedeva la disapplicazione della norma anti-abuso al fine di poter riportare per intero le proprie perdite fiscali nonché gli interessi passivi (poi espunti in sede di riesame), senza considerare il limite del patrimonio netto e tralasciando, per espressa volontà, il riporto delle posizioni fiscali ante fusione dell’incorporata. Sul punto, l’istante ricordava le risposte 416/2019 e 3/2019, nelle quali veniva confermata l’integrale disapplicazione dell’articolo 172, comma 7 (e, quindi, l’integrale riportabilità post fusione delle perdite fiscali dell’incorporante, senza tenere conto del limite del patrimonio netto) una volta constatato che «in base alle risultanze dei bilanci relativi agli esercizi che hanno preceduto la data di efficacia giuridica della fusione (…) non si produca alcuna compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali pregresse».

La precedente istanza era stata denegata in quanto, a parere dell’ufficio, le giustificazioni fornite non apparivano idonee a supportare la richiesta disapplicativa, tra cui la mancanza di informazioni sulla capacità prospettica dell’istante di produrre redditi (poi dimostrata invece con i dati di bilancio), il mancato superamento dell’activity test sui costi del personale e l’insufficienza del patgrimonio netto per consentire il riporto delle posizioni fiscali.

In relazione al limite patrimoniale, l’amministrazione, in sede di riesame, dopo aver ricordato la ratio sottesa alla sua previsione, ha precisato che esso rappresenterebbe la capacità della società di produrre redditi imponibili futuri tali da compensare le perdite fiscali pregresse (risoluzione 54/E/2011 e risposta 255/2022). Inoltre, sul tema dell’assenza di costi del personale, dopo aver ricordato i precedenti di prassi (risoluzione 337/E/2002 e risposta 52/19), l’Agenzia ha ravvisato comunque, in capo all’istante, la sussistenza di “vitalità economica” grazie alla presenza di contratti sottoscritti per la gestione amministrativa della società (tenuta contabilità, assistenza fiscale e societaria, eccetera). Tale presenza giustificherebbe l’assenza in bilancio dei costi citati, non rappresentando pertanto un indice di depotenziamento. Inoltre, la mancata deduzione in capo all’istante della perdita fiscale “interinale” della controllata confermerebbe la volontà di non utilizzare gli asset fiscali della fusa, escludendo a priori il verificarsi di una compensazione intersoggettiva dei risultati.

Alla luce di tali elementi e delle valide ragioni economiche riconosciute all’operazione, la Dre Puglia ha accolto la richiesta disapplicativa, precisando che l’istante rappresenta una realtà economica operativa e confermando come l’operazione di fusione in commento non rappresenti «l’epilogo di una manovra elusiva finalizzata all’indebito utilizzo (…) di asset fiscali la cui attività economica sia ormai inesistente».

Fonte: Il Sole 24Ore

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