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Stretta sui ritardati pagamenti alle Pmi: limite a 30 giorni

La Commissione europea è tornata ieri ad occuparsi delle piccole e medie imprese, uno dei pilastri dell’economia comunitaria.

La Commissione europea è tornata ieri ad occuparsi delle piccole e medie imprese, uno dei pilastri dell’economia comunitaria. Tra le misure prese per aiutare le aziende più piccole, vi è un progetto di regolamento che impone un limite di 30 giorni entro le quali effettuare i pagamenti tra entità societarie, siano essere pubbliche o private. Nel contempo, la Commissione europea vuole facilitare gli obblighi fiscali delle piccole e medie imprese che operano in più paesi.

La questione dei ritardi dei pagamenti è annosa. Nel 2011 fu approvata una direttiva che imponeva limiti temporali ai pagamenti delle imprese e degli enti pubblici. È stata per molti versi disattesa in molti paesi. L’esecutivo comunitario ha deciso di tornare all’attacco, proponendo questa volta un regolamento, ossia un testo legislativo direttamente applicabile nel paese membro (a differenza della direttiva, da trasporre nel diritto nazionale).

Come detto, il nuovo testo prevede che i pagamenti debbano avvenire entro 30 giorni dalla consegna del prodotto o del servizio. Il progetto di regolamento «rende legalmente automatico il pagamento delle commissioni compensative e degli interessi in caso di ritardo nel pagamento», spiegava la Commissione europea. Solo in casi eccezionali sarà possibile allungare i termini, senza superare i 60 giorni, ha precisato il commissario al mercato unico Thierry Breton.

Oggi solo il 40% delle fatture viene pagato per tempo. Secondo la Commissione europea i peggiori pagatori sono le grandi società e gli enti pubblici. Le Pmi rappresentano il 99% delle aziende in Europa, e danno lavoro ai due terzi degli occupati nel settore privato. In un sondaggio Eurobarometro del 2020, il 55% delle Pmi denunciava ostacoli regolamentari, mentre il 35% si lamentava dei ritardi nei pagamenti.

Sul fronte fiscale, l’esecutivo comunitario stabilisce che le piccole e medie imprese operanti in più paesi avranno rapporti con una solo autorità tributaria, quella del paese in cui la società ha la propria sede principale. «Questo sistema aumenterà la certezza e l’equità fiscale, ridurrà i costi di conformità e le distorsioni del mercato che influenzano le decisioni delle imprese, minimizzando il rischio di doppie imposizioni e di controversie fiscali», spiega Bruxelles.

Precisava ieri Paolo Gentiloni, il commissario agli affari economici, che in media il 2,5% del giro d’affari di una società viene usato per rispettare gli obblighi fiscali. Nel contempo, Bruxelles intende facilitare il riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute in paesi terzi e l’accesso delle società più piccole agli appalti pubblici.

Fonte: Il Sole 24Ore

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