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Trasformazioni, nodo riserve per le società semplici

Entro il 30/09 le società devono perfezionare le operazioni di assegnazione/cessione agevolata di beni ai soci o la trasformazione in S.s.

Salvo proroghe dell’ultim’ora, entro il 30 settembre prossimo le società devono perfezionare le operazioni di assegnazione/cessione agevolata di beni ai soci o la trasformazione in società semplice.

Soprattutto in merito a quest’ultima operazione vengono segnalati alcuni dubbi mai chiariti dall’Amministrazione finanziaria, che rendono incerto il comportamento da tenere. I nodi riguardano, in particolare, le riserve di utili delle società di capitali realizzate anteriormente alla trasformazione, le quali, secondo la circolare n. 26/E/2016 delle Entrate, vanno imputate ai soci nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione, «con conseguente tassazione secondo le ordinarie regole».

Questo effetto (che rende talvolta la trasformazione più onerosa dell’assegnazione) si deve all’uscita della società dal regime d’impresa e porta con sé due perplessità prive di chiarimenti ufficiali.

La prima attiene all’importo delle riserve da tassare. Ipotizzando che l’ammontare delle riserve di utili non in sospensione d’imposta presenti nel bilancio della società trasformanda sia pari a 1.000 e che la società stessa assolva l’imposta sostitutiva dell’8% sulla differenza tra il valore normale/catastale degli immobili ed il loro costo fiscalmente riconosciuto (ovvero del 10,5% se non operativa ai sensi del comma 101 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2023), importo che poniamo pari a 300, due sono le soluzioni possibili:

 secondo una prima tesi, le riserve da assoggettare a tassazione in capo ai soci sono pari a 1.000, vale a dire il loro intero importo, indipendentemente dall’ammontare su cui viene versata la sostitutiva;

 secondo una diversa impostazione, invece, le riserve da assoggettare ad imposizione sui soci sono solo 700, vale a dire quelle che eccedono la base imponibile della sostitutiva.

La prima tesi poggia sulla considerazione che nella trasformazione non vi è alcuna attribuzione ai soci di beni, per cui le riserve «da affrancare» resterebbero legate all’intero importo contabile sussistente.

La seconda impostazione, invece, muove dalla considerazione che la stessa circolare n. 26/E delle Entrate afferma (al paragrafo 6) che nella trasformazione (al pari dell’assegnazione) il pagamento dell’imposta sostitutiva da parte della società «chiude» per un pari ammontare «qualsiasi debito tributario sia in capo alla società, sia in capo al socio» risultando «liberatorio per i soci di qualsiasi ulteriore tassazione». Solo imputando ai soci riserve per 700 si otterrebbe, infatti, una simmetria tra assegnazione e trasformazione.

L’atteso chiarimento dovrebbe riguardare anche le modalità in cui il socio assolve il proprio debito d’imposta sulle riserve. Infatti, nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione, la società semplice non è sostituto d’imposta per cui difficilmente può operare la ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento. In passato (videoconferenza Map del 18 maggio 2006), l’Agenzia sostenne che il socio doveva riportare la quota di riserve spettante nella propria dichiarazione dei redditi; il chiarimento, per quanto mai confermato da una circolare, sembra coerente con le istruzioni al rigo RN10 del Modello Redditi SP ma altrettanta chiarezza non si riscontra nel modello Redditi PF, in cui si dovrebbe gestire un dividendo “domestico” non assoggettato a ritenuta.

Su entrambe le questioni, sarebbe opportuno evitare che nella pratica si diffondano comportamento non omogenei.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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