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Stabile organizzazione in Italia, no al rimborso Iva

Il soggetto non residente, con stabile organizzazione in Italia, non ha diritto al rimborso Iva neppure per le operazioni dirette.

Il soggetto non residente, con stabile organizzazione operativa in Italia, non ha diritto al rimborso dell’Iva neppure in riferimento alle operazioni direttamente effettuate.

La posizione della casa madre confluisce «in toto» in quella della stabile organizzazione, con il risultato che l’Iva a credito è recuperata attraverso il meccanismo di detrazione della stabile e non come rimborso richiesto dal soggetto non residente.

Con la sentenza di ieri, numero 25685, la Cassazione tratta della stabile organizzazione Iva, affrontando le problematiche relative al diritto alla detrazione da un diverso, e per certi versi innovativo, punto di vista.

La questione sorge in quanto una società non residente, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si è vista negare il rimborso dell’Iva a credito sulle operazioni passive, rilevanti in Italia ed effettuate senza il coinvolgimento della stabile.

Da qui, i due gradi di giudizio di merito che sfociano nel ricorso in Cassazione a opera delle Entrate.

In sostanza, i giudici di legittimità sono stati a chiamati a chiarire se, una volta che la società residente in un altro Stato dell’Unione Europa abbia in Italia un centro stabile d’interessi, dovrà esercitare in Italia tutti i diritti, e adempiere a tutti gli obblighi, relativi all’Iva, per il tramite della stabile.

Oppure se ciò dovrà avvenire solo limitatamente alle operazioni attive e passive realizzate dalla stabile stessa e, di conseguenza, se eserciterà i diritti (e adempiere agli obblighi) relativi all’Iva direttamente, cioè come soggetto non residente, e non per il tramite della stabile organizzazione.

Sebbene la Corte non rivenga nei suoi archivi dei precedenti con cui confrontarsi, per risolvere la questione anzi rappresentata ritiene dirimente far riferimento alla nota sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, cioè Commissione vs. Repubblica italiana (C-244/08).

In quell’occasione si riteneva che, in materia di rimborso dell’Iva a un soggetto passivo non residente, con stabile organizzazione in Italia, l’ordinamento nazionale fosse venuto meno agli obblighi unionali.

Ciò in quanto questo soggetto, che nel periodo di interesse svolgeva operazioni rilevanti in Italia, era obbligato a chiedere il rimborso dell’Iva a credito secondo le procedure previste dall’ottava e tredicesima Direttiva (ovvero come soggetto non residente), piuttosto che mediante la detrazione, in quanto l’acquisto da cui sorgeva il credito d’imposta veniva effettuato non per il tramite della stabile, ma direttamente dalla casa madre.

Dall’attenta ricognizione della sentenza europea, la Cassazione trae diverse considerazioni. In estrema sintesi:

la modalità di restituzione dell’Iva (detrazione o rimborso) si determina in funzione del luogo in cui è stabilito il soggetto passivo;

il criterio dello stabilimento è dato dalla presenza, o meno, di un centro di attività stabile;

se il soggetto è quindi dotato di un centro di attività stabile in Italia, può esercitare il diritto alla restituzione dell’Iva solo attraverso la detrazione. Atteso che, agli effetti dell’alternativa tra detrazione e rimborso, non assume rilevanza l’essere stati i beni/servizi acquistati dalla casa madre piuttosto che dalla stabile.

Alla luce di questi principi, le conclusioni della Corte di Cassazione negano il rimborso dell’Iva in capo alla società non residente, in quanto l’esistenza e l’operatività della sua stabile italiana – sebbene non incidano sulla determinazione della territorialità delle operazioni effettuate direttamente della casa madre – sul piano degli adempimenti fanno confluire la posizione di quest’ultima nella propria.

La conseguenza è che la restituzione dell’Iva non può che avvenire attraverso la detrazione esercitata dalla stabile.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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