La sentenza 18642/2023 della Cassazione affronta il tema della detrazione Iva nel caso in cui la dichiarazione sia stata omessa. Nel caso di specie il contribuente non era stato nemmeno in grado di esibire (per cause di forza maggiore) le fatture di acquisto per le quali voleva esercitare la detrazione dell’Iva pagata in rivalsa. In entrambi i giudizi di merito il contribuente era risultato vittorioso sulla considerazione che la documentazione comunque versata in atti dal contribuente (acclarata da professionisti esterni che avevano omologato il concordato preventivo proposto dalla società) fosse sufficiente a dimostrare la sussistenza del diritto alla detrazione.
L’agenzia delle Entrate decideva così di proporre ricorso per Cassazione, non ritenendo spettante la detrazione in assenza di dichiarazione e della copia delle fatture. La Suprema corte rigetta il ricorso erariale svolgendo un ragionamento molto lineare e meritevole di attenzione anche alla luce della neo introdotta prova testimoniale nel processo tributario. In merito all’omissione dichiarativa, la Corte, citando le Sezioni Unite 17757/2016, ricorda come tale fattispecie non integri un requisito di natura sostanziale (necessario alla detrazione dell’imposta) ma unicamente formale. Affinché possa essere garantito il principio cardine di funzionamento dell’Iva (la neutralità) l’amministrazione finanziaria non può disconoscere il diritto alla detrazione dell’Iva per ragioni meramente formali, se non risultano mancanti anche i requisiti sostanziali. I requisiti sostanziali, secondo le linee della Corte di giustizia Ue (causa C-590/13 e causa C-516/14) sono quelli che «stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, quali previsti all’articolo 17 della sesta direttiva».
Deve quindi trattarsi di «acquisti effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia perimenti debitore dell’Iva attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili». I requisiti formali disciplinano invece «le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’Iva, quali gli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione».
Nel distinguo tra requisiti sostanziali e formali, il problema, rileva la Corte, si sposta tutto sul piano probatorio. Ove il contribuente si sia attenuto agli obblighi formali-contabili, graverà sull’Amministrazione, che voglia disconoscere il diritto alla detrazione, l’onere della prova circa la mancata corrispondenza tra la realtà effettiva e quella rappresentata nelle scritture contabili. Qualora invece il contribuente non si sia attenuto a tali obblighi formali, imposti dalla disciplina nazionale, dovrà provare l’esistenza dei requisiti sostanziali per la detrazione.
Tale ultima prova è quantomai ampia, tanto da consentire l’accesso alla «prova per testimoni o per presunzioni» nel caso in cui il contribuente «dimostri di trovarsi nell’incolpevole impossibilità di produrre tali documenti e di neppure essere in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi».
La precisazione della Cassazione si ritiene rilevante anche in considerazione della neo introdotta prova testimoniale nel processo tributario (articolo 7, comma 4, del Dlgs 546/92).
Fonte: Il Sole 24 Ore