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Franchigie per innalzare le limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi

L’articolo 6, comma 1, della delega prevede due interventi nell’ambito Ires, relativi a interessi passivi e perdite fiscali.

L’articolo 6, comma 1, della delega prevede due interventi nell’ambito Ires, relativi a interessi passivi (lettera d) e perdite fiscali (lettera e).

Interessi passivi

La lettera d) dispone la «revisione della disciplina della deducibilità degli interessi passivi anche attraverso l’introduzione di apposite franchigie, fermo restando il contrasto dell’erosione della base imponibile realizzata dai gruppi societari transnazionali». I sintetici obiettivi della delega sono quelli di contrastare l’erosione della base imponibile e agevolare il rilancio dell’attività produttiva, specie in un periodo di tassi crescenti e di elevato indebitamento.

Come indicato nella relazione, la parte sul contrasto all’erosione degli imponibili indica che la nuova disciplina dovrà, nella sostanza, rimanere coerente con la direttiva Atad, che nell’articolo 4, comma 3 prevede la possibilità di esonerare dalla limitazione di deducibilità degli interessi passivi:

1. le società che non fanno parte di un gruppo societario consolidato ai fini contabili, e che quindi non possono operare forme di pianificazione fiscale, e

2. i gruppi societari il cui ammontare complessivo degli interessi passivi non superi i 3 milioni di euro.

A tali fattispecie potrebbe aggiungersi quella riferibile ai gruppi di sole società italiane. Ulteriori esenzioni dai limiti di deducibilità aggiunte da altri Paesi riguardano i finanziamenti erogati da parti indipendenti, oppure se l’indice di capitalizzazione individuale non è inferiore a quello di gruppo, o ancora maggiore deducibilità in funzione del rapporto fra gli oneri finanziari eccedenti del gruppo nei confronti di terzi e l’Ebitda di gruppo.

Perdite fiscali

La lettera e) riguarda l’organico riordino del regime di compensazione delle perdite fiscali e di circolazione di quelle delle società partecipanti a operazioni straordinarie o al consolidato fiscale, la cui vigente normativa è risalente nel tempo, con l’intento di penalizzare il commercio delle cosiddette “bare fiscali”.

In particolare, un primo punto riguarda la revisione del regime delle perdite nel consolidato, per evitare le complessità in caso di riattribuzione alle consolidate di quelle non utilizzate all’atto dell’interruzione o della revoca della tassazione di gruppo. Tale principio, come chiarito dalla relazione, comporterà un regime di trasferimento delle perdite delle singole consolidate in misura non eccedente la somma dei redditi dello stesso esercizio complessivamente realizzati dalle altre società aderenti allo stesso consolidato fiscale, talché il riporto a nuovo delle perdite non utilizzate avverrà da parte delle società che le hanno generate e non dalla tax unit.

L’introduzione di tale modifica dovrà comportare un ripensamento dell’attuale istanza per l’utilizzo delle perdite consolidate (Ipec) in caso di accertamento, per stabilire se l’istanza dovrà essere presentata come oggi dalla consolidante, indicando la consolidata le cui perdite sono utilizzate, ovvero dalla consolidata le cui perdite sono utilizzate. Importante poi sarà un regime transitorio il più semplice possibile.

La parte successiva della delega prevede poi:

a. la tendenziale omogeneizzazione dei limiti e delle condizioni di compensazione delle perdite fiscali;

b. la non penalizzazione delle perdite conseguite a partire dall’ingresso dell’impresa nel gruppo societario, con la modifica della disciplina del riporto delle perdite nell’ambito delle operazioni di fusione e scissione, ed in caso di trasferimento del controllo con cambiamento dell’attività, si ritiene ripristinando l’esimente già prevista dall’abrogata lettera a) del comma 3 dell’articolo 84, che non penalizzava il trasferimento delle partecipazioni infragruppo;

c. la revisione del limite quantitativo rappresentato dal patrimonio netto (già sovente disatteso dalle Entrate in risposta a interpello disapplicativo) e della nozione di modifica dell’attività principale esercitata;

d. e il riconoscimento in capo alla controllante residente delle perdite finali delle controllate estere, secondo i princìpi della giurisprudenza Ue.

Fonte: Il Sole 24Ore

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