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Affitti, cedolare secca estesa anche a studi ed esercizi commerciali

Cedolare secca per le locazioni di immobili non abitativi a condizione che il conduttore eserciti attività di impresa, arte o professione.

Cedolare secca anche per le locazioni degli immobili diversi da quelli abitativi a condizione che il conduttore sia un esercente attività di impresa, arte o professione. Questo ciò che la legge delega prevede con riferimento ai redditi dei fabbricati.

L’affitto

La cedolare secca è un regime opzionale che consente di tassare i redditi derivanti dalla locazione di immobili per finalità abitative con l’applicazione di una imposta sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali e delle imposte di bollo e di registro. L’ imposta è determinata con l’applicazione di una aliquota del 21%, ridotta al 10% per i contratti di locazione a canone concordato, per quelli transitori o a favore di studenti universitari. Per poter applicare questo regime è necessario che l’immobile oggetto di locazione sia un fabbricato abitativo.

Nella versione delle legge delega approvata dal Consiglio dei ministri, è stato introdotto quale criterio direttivo per il governo l’estensione di questo regime anche ai fabbricati diversi da quelli abitativi.

Durante l’esame in prima lettura alla Camera, il criterio è stato rivisto aggiunta una condizione, cioè che il conduttore degli immobili diversi da quelli abitativi sia un esercente attività di impresa, di un’arte o una professione.

La legge 145/2018 aveva esteso ai soli contratti stipulati nell’anno 2019, la possibilità di applicare la cedolare secca con l’aliquota del 21% anche ai fabbricati accatastati con categoria catastale C/1 (negozi e botteghe) e relative pertinenze, se locate congiuntamente.

L’applicazione era riservata alle persone fisiche che agivano al di fuori del regime di impresa e solo con riferimento ai negozi che non superavano una superficie non superiore a 600 metri quadrati.

L’acquisto di immobili

La legge delega prevede, inoltre, l’eliminazione della disparità di trattamento tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in leasing degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente.

Per quanto riguarda gli immobili strumentali di proprietà del lavoratore autonomo, se acquistati dal 2010 in poi, le relative quote di ammortamento non sono deducibili dal reddito; mentre sono deducibili per gli acquisti effettuati fino al 14 giugno 1990 o nella periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009. Se, invece, il fabbricato è acquisito in leasing, i canoni dei contratti stipulati dal 2014 sono deducibili per un periodo non inferiore a dodici anni. Con riferimento ai costi di acquisizione degli immobili a uso promiscuo è possibile dedurre il 50% della rendita catastale sempre che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile dedito esclusivamente all’attività professionale.

Anche per gli immobili in leasing utilizzabili promiscuamente, è possibile dedurre una quota dei canoni che varia secondo l’anno di stipula del contratto; in sintesi, dal 2015 è possibile dedurre il 50% del canone, sempre purché il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile dedito esclusivamente all’attività professionale.

Fonte: Il Sole 24Ore

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