La norma dibattuta
Oggetto della “disputa” che ormai da più di dieci anni vede contrapporsi le società e l’agenzia delle Entrate (nonché dottrina e giurisprudenza) è l’articolo 22 del Dpr 131/1986, secondo cui quando in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate (e scatta la sanzione se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso).
Norma che, al di là del caso concreto della copertura perdite, ha molte altre ipotesi applicative (si veda Il Sole-24 Ore del 19 giugno scorso). Normalmente i finanziamenti soci sono conclusi tramite scambio di corrispondenza, il che consente di evitarne la registrazione.
Ma l’imposta viene poi richiesta dalle Entrate nel caso in cui il pregresso finanziamento sia citato (“enunciato”) in un successivo verbale portato a registrazione (ad esempio proprio per copertura perdite).
A partire dalla sentenza 15585/2010 la Cassazione ha confermato l’interpretazione dell’Agenzia (tra le altre si vedano le pronunce 21699/2021, 17023/
L’ultimo orientamento
Le pronunce citate approfondiscono le censure dottrinali all’interpretazione “pro Fisco”, a partire dalla considerazione che, nei casi di specie, non vi sarebbe la richiesta identità di parti tra atto enunciante ed atto enunciato, in quanto il verbale di assemblea, tecnicamente, è privo di parti, essendo una rendicontazione di fatti accaduti.
Questa contestazione, tuttavia, per la Corte non appare sufficiente: nel verbale sono “coinvolti” gli stessi soggetti (società e soci) che sono stati parti nel precedente contratto di finanziamento, il che basterebbe a qualificare l’identità richiesta dal legislatore.
Tuttavia (e qui sta la novità rispetto a precedenti pronunce), la Corte ha accolto un’altra delle censure frequentemente sollevata dalla dottrina e dalle società nei ricorsi: la sussistenza delle condizioni per l’applicare il comma 2 dell’articolo 22 in esame, che disapplica l’imposta «quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione».
Per le due pronunce citate non c’è dubbio che «la convenzione enunciata (il finanziamento) abbia cessato i suoi effetti proprio a seguito della rinuncia al credito di restituzione da parte dei soci di cui ha dato conto il verbale assembleare», visto che è consolidato il principio che il finanziamento si estingue nel momento stesso in cui diviene oggetto di compensazione con il debito di conferimento del socio che ripiana la perdita (pronunce 6711/2009 e 4236/
Va però registrata la sentenza a Sezioni unite 14432 depositata il 24 maggio 2023, la quale, pur riguardando il diverso profilo della responsabilità del notaio che ha ricevuto l’atto per il pagamento dell’imposta (qualificata principale) richiesta con avviso di liquidazione, solidalmente con le parti, entra nel merito anche della debenza dell’imposta. E, oltre a riconoscere una estensione assai ampia al concetto di parti (tale da riconoscerne la presenza anche nel verbale assembleare), afferma che «non possono considerarsi cessati gli effetti degli atti enunciati», sia perché in una rinuncia parziale una quota del finanziamento resta in vita, sia perché «proprio nell’assemblea stessa si sono realizzati gli effetti della rinuncia parziale al correlativo credito restitutorio del socio finanziatore».
L’autorevolezza di una pronuncia a Sezioni unite rischia di chiudere lo “spiraglio” che si era appena aperto, anche se le osservazioni appena riportate non convincono appieno.
GLI ESEMPI A CONFRONTO
1. Avvisi ai notai
Da anni si discute sull’applicazione dell’imposta di registro – quale atto enunciato – al finanziamento soci oggetto di rinuncia in un successivo atto soggetto a registrazione (un verbale assembleare di ripianamento perdite). La tesi dell’agenzia delle Entrate ha convinto la Cassazione che in molte pronunce ha condannato le società a pagare l’imposta. Di recente gli avvisi di liquidazione dell’imposta sono stati indirizzati anche ai notai che hanno ricevuto il verbale, in qualità di responsabili d’imposta solidalmente con le parti. Proprio quest’ultimo aspetto è stato oggetto di rinvio alle Sezioni unite (ordinanza 11118/2022).
2. Sì alla linea delle Entrate
Con la sentenza 14432/2023 le Sezioni unite hanno riconosciuto la legittimità del comportamento delle Entrate, riconoscendo la responsabilità, in via solidale con le parti, del notaio che ha ricevuto l’atto enunciante. La Corte ha richiamato i principi che sono alla base della imposizione operata sul finanziamento quale atto enunciato, ancora una volta riconoscendo nel caso specifico tutti i requisiti che rendono applicabile l’articolo 22 del Dpr 131/1986. È stata riconosciuta l’identità delle parti tra contratto di finanziamento e verbale di ripianamento e si è negata la cessazione degli effetti del finanziamento per evitare l’applicazione dell’imposta.
3. Conclusioni opposte
Pochi mesi fa, le sentenze 3839/2023 e 3841/2023 avevano raggiunto conclusioni opposte. Non sulla individuazione delle “parti” anche in un verbale assembleare (il concetto è interpretato in senso non letterale) quanto sulla cessazione degli effetti dell’atto enunciato. In effetti, il finanziamento, con la rinuncia, si estingue per compensazione con il debito del socio per il conferimento a copertura di perdite: sembra che si verifichi quanto indicato dal comma 2 dell’articolo 22 Tur, ossia gli effetti dell’atto enunciato «cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione», impedendo l’applicazione dell’imposta.
Fonte: Il Sole 24Ore