Illegittimo l’atto di recupero emesso dall’ufficio finanziario inerente lo splafonamento del credito Iva compensato che non tiene conto della normativa più favorevole. In pratica, va applicato il principio del favor rei, ovvero la legge tributaria più favorevole al contribuente. Così la sentenza 1056/6/2023 della Cgt Salerno (presidente Melone, relatore Belmonte).
La vicenda
Nel 2018 una Srl ha credito Iva che utilizza per compensare imposte per un valore di oltre 807mila euro. Tali compensazioni finiscono sotto il controllo del fisco che emette nell’agosto 2022 atto di recupero per oltre 135mila euro così motivato: le compensazioni effettuate dalla contribuente superano il limite normativamente previsto per l’anno 2018, pari a 700mila euro.
La contribuente società si oppone con ricorso: il plafond di credito Iva utilizzabile in compensazione è stato innalzato diverse volte dal legislatore, negli anni 2020 e 2021. Pertanto alcuna violazione è stata commessa dato che trova applicazione la disciplina del favor rei, come disposto dall’articolo 3, comma 3, del Dlgs 472/1997.
L’Agenzia resiste con proprie controdeduzioni: il favor rei si applica solo nei casi di abrogazione d’imposta, fattispecie non riguardante il caso in esame.
La decisione
Il Collegio, nell’accogliere il ricorso, decide sulla scorta della seguente argomentazione.
La legge 388/2000, articolo 34, comma 1, ha previsto:
a) in un primo momento, le compensazioni di crediti imposta possono essere attuate sino a un limite massimo di 700mila euro per ciascun anno solare;
b) successivamente, tale limite è stato innalzato, per far fronte all’emergenza sanitaria Covid-19, prima in 1milione di euro (articolo 147 del Dl 34/2020) e poi in 2 milioni in maniere definitiva grazie alla legge di Bilancio 2022.
La modifica normativa implica che non è punibile il contribuente che abbia compensato crediti comunque all’interno dei maggiori limiti stabiliti dal legislatore; pertanto, si applica il principio del favor rei in base all’articolo 3, comma 3, del Dlgs 472/97, non avendo il contribuente superato il maggior limite normativamente stabilito. Di conseguenza, l’atto di recupero è illegittimo.
Fonte: Il Sole 24 ORE