La proroga dei versamenti dal 30 giugno al 20 luglio e poi con la finestra dal 21 al 31 luglio maggiorando le somme da versare, in ragione di giorno, fino allo 0,40% a titolo di interesse corrispettivo (come previsto dall’articolo 4, commi 3-sexies e 3-septies, del Dl 51/2023) riguarda anche i contribuenti forfettari (si veda l’articolo «Versamenti, confermata la mini-proroga per i soggetti Isa»). Questi ultimi per calcolare l’imposta sostitutiva dovuta devono partire dalla determinazione del reddito imponibile; i contribuenti che adottano il regime forfettario applicano all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti un coefficiente di redditività, differenziato a seconda del codice Ateco dell’attività svolta e desumibile dalla tabella contenuta nell’allegato 4 della legge 190/2014; i coefficienti applicabili sono pari al 40%, 54%, 62%, 67%, 78% e 86%.
Il reddito imponibile
Il comma 54 della legge 190/2014, nel definire le modalità di determinazione del reddito imponibile, fa esplicito riferimento ai ricavi o compensi “percepiti”; pertanto, occorre considerare non le fatture emesse, ma quelle incassate nel periodo di imposta oggetto della dichiarazione. Si pensi al caso di un’operazione per la quale è stata emessa fattura il 30 dicembre 2022 e il cui pagamento è stato incassato in data 2 gennaio 2023: l’operazione concorrerà a formare il reddito del periodo di imposta 2023 (quindi, Redditi 2024) nonostante la fattura sia stata emessa nel 2022.
Tenuto conto che nel regime forfettario il reddito imponibile si determina, appunto, con un meccanismo forfettario, i costi sostenuti non sono ammessi in deduzione. A questa regola esiste una sola eccezione e riguarda i contributi previdenziali. Come previsto dal comma 64 della legge del 2014, sono, infatti, deducibili i contributi previdenziali dovuti per legge (quindi non quelli versati a titolo facoltativo) e sono deducibili anche eventuali contributi versati per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico e di quelli non fiscalmente a carico sempre che il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi. I contributi previdenziali possono al più azzerare il reddito imponibile; qualora i contributi versati siano superiori al reddito d’impresa o di lavoro autonomo determinato applicando i coefficienti di redditività, l’eccedenza può essere dedotta dal reddito complessivo, ai sensi dell’articolo 10 del Tuir.
L’imposta sostitutiva
Sul reddito imponibile, determinato secondo le regole precedenti, si applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali pari al 15%. L’imposta è sostitutiva anche dell’Irap che, in ogni caso, le persone fisiche non devono più pagare a decorrere dal 2022.
Coloro che hanno i requisiti per essere considerati “nuova attività” (comma 65 della legge 190/2014) applicano, in luogo del 15%, l’aliquota del 5% per i primi cinque anni di attività.
Gli oneri detraibili
I contribuenti forfettari, quindi, non versano Irpef ma una imposta sostituiva dell’Irpef stessa. Questo ha come conseguenza l’impossibilità di far valere sull’imposta gli oneri detraibili propri dell’Irpef quali, ad esempio, le spese sanitarie, gli interessi passivi su mutui dell’abitazione principale o i bonus edilizi. Resta inteso, tuttavia, che nel caso in cui il contribuente forfettario svolga anche attività diverse per le quali assolve l’Irpef, gli oneri detraibili potranno essere fatti valere su questi redditi. Si pensi al caso del forfettario che possiede anche immobili che concede in locazione in regime ordinario oppure che svolge un lavoro dipendente o che possiede una pensione.
Non si pongono problemi, invece, per l’utilizzo di misure agevolative diverse quali i crediti di imposta (si pensi al credito di imposta 4.0 che, lo scorso anno, riguarda anche i beni generici).
Versamento e acconto
Si ricorda, infine, che oltre al versamento del saldo 2022 è dovuto anche l’acconto per l’anno 2023. I contribuenti forfettari sono soggetti Isa anche se non applicano gli indicatori in quanto beneficiari di una specifica causa di esclusione e, quindi, versano gli acconti in due rate ciascuna pari al 50%.
Fonte: Il Sole 24 ORE