Al via il primo bando dell’agenzia del Demanio per la concessione agevolata di immobili agli enti iscritti nel Registro unico del Terzo settore. L’avviso, pubblicato lo scorso 26 giugno, dà attuazione a quella misura del Codice del Terzo settore che incentiva, sotto il profilo finanziario, l’utilizzo degli immobili pubblici da parte degli enti del Terzo settore (Ets). Vale a dire quella norma in base alla quale i beni di proprietà dello Stato, per i quali non è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a Ets a fronte del pagamento di un canone agevolato (articolo 71, comma 3, del Dlgs 117/2017 o Cts).
Come precisato dall’agenzia del Demanio, la misura arriva, per la prima volta, in via sperimentale allo scopo di recuperare edifici dismessi e favorire lo sviluppo e la promozione di attività di interesse generale da parte degli enti sul territorio nazionale. Chiaro è l’intento del legislatore, prima, e dell’agenzia del Demanio poi: avviare un circolo virtuoso tra pubblico e privato sociale, in una fase storica in cui il Registro unico del Terzo settore è ormai a regime e vanta oltre 110mila realtà registrate.
Ambito soggettivo: enti beneficiari
La misura riprende quanto già previsto nel sistema ante riforma per le associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato. Con la precisazione che, nel Codice del Terzo settore, la misura si estende a tutta la generalità degli enti iscritti nel Registro del Terzo settore. Ciò, tuttavia, a patto che gli Ets operino in specifici settori d’interesse generale: interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, organizzazione e gestione di attività culturali, organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità (articolo 5, comma 1, lettere f, i, k o z del Cts).
Tempi di accesso e misura dell’agevolazione
Il bando prevede l’affidamento in concessione dei beni per un massimo di 50 anni, nell’ambito di un progetto di gestione che ne assicuri la corretta conservazione, nonché l’apertura alla pubblica fruizione e la migliore valorizzazione. Sotto il profilo fiscale, la norma del Codice prevede una detrazione, dal canone di concessione, delle spese sostenute dal concessionario per gli interventi sostenuti entro il limite massimo del canone stesso. Sul punto l’unica specifica circa il canone agevolato è che non potrà essere inferiore a quello annuo minimo ricognitorio, pari a 235 euro. Mancano altre indicazioni al fine di determinare l’impatto in termini di oneri per gli Ets concessionari: occorrerà in questo senso attendere chiarimenti da parte dell’Agenzia, tenuto conto che nella maggior parte dei casi gli enti locali sono sprovvisti di regolamenti che disciplinino la contrattualistica con terzi interessati all’uso di beni pubblici.
A livello operativo, per accedere all’agevolazione, gli enti avranno tempo fino all’11 dicembre 2023 (alle ore 12). Allo stato attuale sono 5 i lotti di immobili pubblici per i quali gli Ets potranno accedere in via agevolata, a cui seguiranno nuovi bandi su scala nazionale così da ampliare la gamma di beni previsti a scala nazionale, che gli Ets potranno valorizzare.
A livello operativo, le proposte progettuali dovranno contenere un’offerta tecnica, i cui elementi qualitativi di valutazione saranno tre:
1) ipotesi di recupero e riuso;
2) ritorno per il territorio;
3) sostenibilità ambientale ed efficienza energetica;
e un’offerta economica-temporale, i cui elementi quantitativi saranno canone e durata.
Coordinamento con altre misure del Terzo settore
Ultimo aspetto riguarda, poi, il rapporto con gli altri incentivi previsti nel Terzo settore al fine di agevolare l’utilizzo di immobili pubblici. È il caso, ad esempio, del social bonus all’articolo 81 del Codice. Vale a dire quel credito d’imposta previsto per chi effettua liberalità destinate agli Ets per il finanziamento di progetti di investimento su immobili pubblici inutilizzati. In questo senso, occorrerà verificare il coordinamento con le due misure, tenuto comunque conto del divieto di cumulabilità con altre agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione/detrazione d’imposta da altre disposizioni di legge.
Fonte: Il Sole 24 ORE