Sussiste una responsabilità solidale del tributo principale tra le parti e il professionista, essendo quest’ultimo un pubblico ufficiale costituito “fideiussore ex lege”
Il notaio è responsabile del pagamento dell’imposta di registro, solidalmente con le parti, in relazione agli atti enunciati in un atto notarile (registrato tramite Mui) poiché, integrandosi i presupposti richiesti dall’articolo 22 Dpr n.131/1986, viene a configurarsi una imposta principale per la quale risponde in solido anche il rogante.
Questo sostanzialmente è il pensiero espresso dalla Sezioni unite nella sentenza n. 14432, depositata il 24 maggio 2023.
Il caso
Oggetto del contenzioso, sottostante la pronuncia appena richiamata, era una domanda contro un avviso di liquidazione per imposta di registro e sanzioni relative ad un atto che l’interessato aveva rogato in qualità di notaio e registrato in via telematica.
In sintesi e nei fatti:
- l’atto de quo riguardava un’assemblea straordinaria dei soci di nella quale era stato deliberato l’aumento del capitale sociale, anche mediante rinuncia di uno dei soci, ad un proprio credito, già contabilmente appostato quale “finanziamento” alla società, con contestuale estinzione per equivalente del più ampio debito per tale titolo della società
- nel rogito si erano quindi “enunciati”, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 22 Dpr n. 131/1986, il contratto di finanziamento alla società e la parziale rinuncia al credito di restituzione relativo
- per l’imposta proporzionale di registro così generata doveva rispondere, anche, il notaio rogante, come preteso con l’atto impositivo impugnato.
A seguito del contenzioso sviluppatosi, perveniva la questione al giudice di legittimità e la causa veniva assegnata alle Sezioni Unite civili, in quanto riguardante una questione di massima di particolare importanza, posta in ricorso, quale la responsabilità del notaio nelle ipotesi simili a quella appena descritta.
Il quadro normativo e le premesse della decisione
La Corte di cassazione premetteva l’inesistenza di qualsivoglia dubbio circa l’estraneità del professionista rispetto al “presupposto” di tale imposta, essendo chiaro che lo stesso va riferito – esclusivamente – ai soggetti che a lui si rivolgono per ottenerne il ministero, in quanto “parti” degli atti notarili richiesti, gli unici quindi ad assumere la qualità di “soggetti passivi” -in senso stretto- dell’imposta medesima (ex multis : Cassazione n. 17357/2020).
Al notaio, secondo quanto si è descritto in sentenza, va invece attribuita la qualifica di “responsabile di imposta” (Cassazione n. 9538/2022), assumendo la posizione di “Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi” (secondo la concettualizzazione normativa generale di cui all’articolo 64 comma 3 del Dpr n. 600/1973).
Pacificamente tale situazione giuridica soggettiva passiva, ingenerante un’obbligazione solidale “dipendente” (Cassazione n. 12759/2016 e n. 18113/2021), trova fondamento nel profilo di garanzia ordinamentale della funzione pubblica notarile, che, tra l’altro, si concretizza nel presidio diretto dell’esazione dei crediti fiscali originati nell’esercizio della medesima.
A tale specifico fine, presidia l’articolo 57, Tur, (“Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti…” e che “La responsabilità dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive“).
Vi è dunque una responsabilità solidale tra le parti ed il notaio, in quanto pubblico ufficiale costituito “fideiussore ex lege“, relativamente agli atti che ha “redatto, ricevuto o autenticato”, ma limitatamente all’imposta principale, essendone espressamente escluse quella complementare e quella suppletiva.
Questa tripartizione tipologica dell’imposta di registro è data dall’articolo 42, comma 1, Tur, che appunto prevede che “E’ principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso“.
Oltre a tali disposizioni legislative generali, nel caso di specie veniva peraltro in rilievo quella di cui all’art. 22, Tur, secondo il quale “1. Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69. 2. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione“.
La conclusione delle Sezioni unite
Le Sezioni unite, viste le premesse descritte, con una articolata motivazione, hanno affermato la piena sussistenza – nel caso di specie – dei presupposti giuridici per la tassazione degli atti enunciati, come preteso dall’agenzia fiscale.
E’ seguito poi l’esame del punto cruciale dello scrutinio avente carattere dirimente: la responsabilità fiscale del ricorrente, quale notaio che ha rogato l’atto “enunciante”.
Da annotare che su tal quesito, hanno assunto rilevanza:
- per un verso, l’articolo 22, Tur che non determina – in astratto- di quale “tipo” di imposta di registro si tratta nel caso della tassabilità di atti per “enunciazione”
- per altro verso, la responsabilità d’imposta del notaio, che – così come fondata sull’articolo 57, Tur – è tuttavia limitata all’imposta di registro “principale”, escludendosene quella “suppletiva” e quella “complementare”.
Ad avviso del giudicante, risultava perciò dirimente la qualificazione dell’imposta pretesa con l’atto impositivo impugnato, essendo anche decisiva l’ermeneutica “in concreto” dell’articolo 42, Tur, che è appunto la “norma base” che guida tale qualificazione giuridica, in stretta correlazione con quella dell’articolo 22, Tur.
Per ulteriore completezza, si è avuto riguardo del modulo attuativo specifico correlativamente adottato dall’agenzia fiscale, perchè l’articolo 42, Tur, tra l’altro, indica come tale appunto quella ” richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica“.
Tali collegamenti consentivano, sempre secondo la sentenza in commento, di affermare la sussistenza – nel caso di specie – di una pretesa creditoria erariale da intendersi a titolo di imposta “principale” di registro, anzitutto in dipendenza della ontologia concreta degli atti “enunciati”.
Nei fatti era infatti pacifico che:
- la registrazione dell’atto “enunciante” era stata richiesta dal ricorrente per via telematica, mediante modello unico su supporto informatico (Mui), secondo la previsione di cui all’articolo 3-bis, comma 2 Dlgs n. 463/1997
- contestualmente, come pure previsto dalla medesima disposizione legislativa, il ricorrente aveva proceduto alla “autoliquidazione” ed al pagamento dell’imposta di registro, peraltro concernente il (e limitata al) solo atto presentato per la registrazione (verbale di assemblea straordinaria della società di capitali).
Sostanzialmente l’azione rettificativa dell’ufficio era quindi riconducibile alla previsione di cui all’articolo 3-ter, comma 1, primo periodo, Dlgs n. 463/1997, secondo il quale “Gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata“.
Tanto ha consentito di affermare che , nel caso esaminato ed in quelli omologhi, risultando “desumibili dall’atto” altri atti (“elementi”) tassabili ex articolo 22, Tur, l’agenzia fiscale, avvalendosi del potere di rettifica de quo, avendo “corretto” la relativa “omissione” e poi (con l’avviso di liquidazione impugnato) preteso dal notaio presentante il Mui del pagamento di un’imposta di registro senz’altro qualificabile “principale” (sia pure nella forma c.d. “postuma”) ex articolo 42, comma 1, primo periodo, Tur, evocandone la responsabilità solidale ex articolo 57, comma 1, Tur.
Al notaio era stata infatti richiesta, nè più nè meno (al netto delle sanzioni), la medesima imposta principale che le parti degli atti “enunciati” avrebbero dovuto e devono versare per la registrazione degli stessi e che il notaio medesimo, quale responsabile d’imposta, avrebbe dovuto autoliquidare e versare in sede di presentazione del Mui (Cassazione n. 18113/2021)
Il principio di diritto
All’esito della rappresentazione dei fatti e degli argomenti giuridici svolti, le Sezioni unite civili hanno ritenuto quindi di affermare il seguente principio di diritto:
“In tema di imposta di registro, qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali nè valutazioni interpretative particolarmente complesse, purchè, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti in virtù della previsione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42, comma 1, primo periodo, e D.Lgs. n. 463 del 1997, 3 ter, comma 1; in tal caso, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, comma 1, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso”.
Fonte: Agenzia delle Entrate